Elodie è uscita con un nuovo singolo. Non è granché, ma non è questo il punto. E il titolo («A fari spenti») in fondo non è fondamentale. Non lo è mai stato. Capirete che con argomenti così, con una mercanzia musicale come questa, con tutte le sette note così ben posizionate, il mercato si ritrova di fronte a una prepotente affermazione della qualità del pezzo che va ben oltre lo scaltro sfruttamento di modelli estetici per imporre il proprio talento. Già li vediamo, gli ironici sorrisetti maliziosi di chi nega le qualità di una donna capace, con la sola forza della propria ugola, di smontare per pezzo per pezzo i pregiudizi.
Già le sentiamo, le battutine: «Elodie? Celadie!». Residui di un maschilismo cieco e barbaro che ci lascia basiti. Ma vediamo anche le femministe, dopo secoli di uomini che sbattono il corpo della donna in prima pagina per vendere, finalmente felici di vedere una donna di successo che le asseconda. Ah, no. Vabbè, insomma, non sottilizziamo. Lasciamo che la nostra Di Patrizi proceda così, «A fari spenti» nella notte, un po' come Lucio Battisti ma con meno incognite sul finale. Perché lei sa bene che, quand'anche l'auto si dovesse guastare all'improvviso, se sei così uno che si ferma lo trovi sempre.