Una redazione giornalistica al lavoro.
Esiste un modo semplice quanto sottile (di vecchia scuola redazionale) per fare imbufalire un giornalista. Che comunque - è altrettanto provato - per orgoglio non lo darà mai a vedere ma ne soffrirà come un cane.
Bisogna far leva sulla componente ego-narcisistica presente praticamente in chiunque abbia una penna (un computer) in mano esercitando il mestiere più antico del mondo. Che non è sicuramente il primo che vi viene in mente, ma questo.
Bisogna sapere anzitutto che le caratteristiche che di norma, da sempre, fanno la reputazione di un buon giornalista sono tre:
1) Efficacia nel reperire notizie non farlocche (qualche passo lo fa anche chi smercia bufale ma in genere dura pochissimo, ovviamente, a meno che non lavori per testate che ci campano, non farò nomi).
2) Sufficiente, buona o elevata capacità di scrittura.
3) Velocità nella stesura del pezzo.
Te la giochi a ore, a volte a minuti. Il lettore ovviamente non se ne accorge, ma sono pallini non trascurabili per chi esercita il longevo mestieraccio.
Seconda premessa. A parte rarissimi casi, tra i giornalisti non corre buon sangue o comunque esiste un alto tasso di competitività. Che ovviamente si fa sentire più nella stessa redazione, che fra colleghi di altre. Fratelli coltelli. Non a caso si dice: "I colleghi della tua stessa redazione non sono colleghi". Inteso: competitors peggiori degli altri.
Considerato tutto ciò, ecco che i saggi della vecchia scuola hanno inventato un metodo perfido e geniale per riconoscere il talento di un collega, se è ovviamente conclamato (altrimenti non ci sarà pietà alcuna), riuscendo al contempo a sminuirlo. Perché se uno è bravo, è bravo. C'è poco da fare. E negarlo sarebbe meschino agli occhi, e alle orecchie, di chi ti ascolta. Non fai bella figura.
Ecco allora nelle conversazioni di corridoio lo standard:
- "Hai letto il pezzo di Tizio? Bellissimo".
- "Sì, l'ho visto, in effetti non è male. Lui lavora bene".
- "Sì sì, è proprio bravo".
- "Ah sì, per bravo è bravo. BRAVO... (pausa tecnica di alcuni secondi e poi faccia perplessa) MA LENTO".
Ovviamente nel giro di 14-20 secondi, tempo europeo, all'interessato verrà riferito il commento. Non potrà incazzarsi perché gli hai fatto un complimento, in fondo. Hai riconosciuto che è bravo. Cosa indiscutibile. Ma soffrirà parecchio per quel lento, che lo allontana dalla professionalità.
Ricordate il segreto del cuoco: se volete dileggiare un giornalista in modo apparentemente blando, ma efficacissimo, questa è musica: "BRAVO, BRAVO... BRAVO... MA LENTO".
Non dimenticate la pausa, la testa vagamente ciondolante destra/sinistra e la bocca che si contorce un po' in una specie di smorfia.