Manuela Blanchard di "Bim bum bam" ieri e oggi. |
«Ho sempre dimostrato dieci anni meno di quelli che ho» ammette. «Stupendo, ma la faccia da bambina è anche una fregatura sul lavoro: non hai mai l’età anagrafica che combacia col ruolo che ti viene proposto. Sul tema ho un aneddoto inedito che è una chicca. Lo vuole?».
Sono qui apposta.
«Tra le primissime cose che feci, da ragazza, fu bussare alla porta dell’agenzia Fashion Model, all’epoca la più famosa di Milano. Avevano stangone da 1.90, e io ero 1.65. Beh, mi presero. Esco per il primo servizio di moda. Solo al momento di fatturare, dai dati scoprono che ho 18 anni. In pratica realizzano drammaticamente che non mi sarei più sviluppata in altezza e mi danno il benservito dicendo: “Eh, sai scusa… Credevamo avessi 13 anni…”».
«Era il loro modo elegante per scaricarmi. Non potevano certo dirmi: sei un tappo!».
Ma il suo primo ruolo ufficiale fu quello di annunciatrice su Italia 1.
«La prima della fascia pomeridiana. Con Licia Colò. In prima serata c’era Gabriella Golia».
Non ricordavo una Colò agli annunci, prima di diventare narratrice di terre lontane e natura.
«Certo che li fece. Oggi Licia ha trovato una dimensione che è quella che avrei voluto trovare io, quando da un giorno all’altro chiusero “Bim Bum Bam” e rimasi per strada».
«Già. Mi dissero: televendite? Io: no, grazie. Allora mi diedi da fare, proposi un paio di idee, ma niente. Una si chiamava “Il libro di pietra”: partendo da una grande cattedrale, e dalle sue vetrate, arrivava alla teoria dei colori di Goethe».
Curiosa. Forse non proprio da tv commerciale.
«Eh, d’altra parte avevo Mediaset come interlocutore. L’altro progetto verteva sul mistero, prima del boom di Dan Brown: a metà fra la sit-com e i grandi misteri europei da indagare».
Anche questa non è che…
«Ma infatti non andò in porto, anche perché mi chiesero subito: ma quanto costa? E che cosa volete che ne sappia di quanto costa! Io porto contenuti. Allora mi proposi alla Rai; anche loro avevano programmi per bambini, tipo “Solletico”. Volevano che mi sottoponessi a un provino, dopo che da 13 anni ero in onda ogni giorno a “Bim Bum Bam”».
«Beh, direi... Allora li salutai e decisi di non continuare a insistere con la tv. Presi un’altra strada».
Ma gli anni di «Bim Bum Bam» furono magici.
«Quando girai la sigla ero incinta di mio figlio Michael, che oggi fa il musicista e vive a Londra, e non lo sapeva nessuno. Dopo cinque mesi partorii. Paolo Bonolis mi disse: “Ecco perché eri un po’ gonfia: pensavo avessi fatto una cura di cortisone”».
Ora sarà affiancata dal pupazzo verde Tino, creato da Jim Henson dei Muppets, ma all’epoca c’era il leggendario Uan, rosa e incontenibile.
«Al quale prestava la voce il sempre poco valorizzato Giancarlo Muratori, un talento vero. Facevamo delle autentiche session di improvvisazione a tre davanti a una scrivania senza nient’altro. Solo un vago canovaccio di storia che ci davamo all’inizio. E piangevamo dal ridere. Oggi è tutto scritto».
«Durò tanto, ma avrebbe potuto proseguire. Un anno decisero di spezzare quest’alchimia a tre, che funzionava benissimo, e aggiunsero altra gente: Paolo se ne andò l’anno dopo, e misero me a fare le esterne. Decisione inspiegabile».
Fece anche «Un milione al secondo», con Baudo su Rete4.
«Un tipo tosto. Con Pippo noi ragazze avevamo un ruolo marginale: rappresentavamo squadre con nomi di stili musicali diversi. Io avevo il rock, un’altra il pop, e così via. Un giorno Pippo si fissa e vuole eliminare il rock, affibbiandomi il liscio. Ma a me il liscio faceva vomitare! Glielo dissi, però non avevo voce in capitolo. Alla fine gli autori riuscirono a farlo ragionare».
«Vittorio Bianco, che faceva il bassista. Oggi non siamo più insieme, ma c’è un buon rapporto. Galeotto fu un libro di Bernarino Del Boca che aveva sul leggìo. Lo stavo leggendo anch’io, casualmente, fra mille. Chiacchierammo. E da lì scattò la scintilla».
Veniamo al Tai Chi.
«Iniziai a 9 anni ma con lo Yoga: mia madre si convinse che potesse farmi bene alla schiena. Dopo un brutto incidente in motorino, passai al Karate e al Kung fu. Per il Thai chi, che ora insegno in un paio di scuole del Milanese, ho imparato tutto dal maestro Chang».
«Aiuta a instaurare relazioni morbide, armoniose, a smussare gli angoli. Se una forza ti viene incontro non la devi contrastare, ma assecondarla e poi restituirla all’altro in modo virtuoso».
Quindi lei asseconda, abbozza.
«Faccio del mio meglio: però guardi che io nella vita sono stata aggredita cinque volte».
Pazzesco. Racconti.
«La prima volta, da ragazza, un drogato sotto casa mi strappò la collanina d’oro. Ero già cintura nera, avrei potuto dargli una ginocchiata, ma rimasi impietrita. Non sai mai come reagisci in certe occasioni».
«Più in là, una notte in periferia, stavo facendo servizio con un dottorino su un’auto medica della Croce rossa che andò in panne. Ci raggiunse una banda i balordi e attaccabrighe. Io uscii, guardai negli occhi quello che mi sembrava il capo, e gli andai incontro con tutta la mia energia e violenza verbale facendoli andare via tutti».
Eh, ma questo l’ha aggredito lei, però!
«In un certo senso, sì. Ma ho solo intuito quel che stava per succedere. Poi ho bevuto comunque 10 grappini per riprendermi. È che il Thai chi ti fa comprendere anche questo, ti dà la percezione».
«All’inizio ero titubante, poi ho deciso di accettare. Bisogna essere molto semplici e faremo in modo di esserlo. Fra tigri, draghi, la paura del buio da far passare…».
È tornata per restare, o le toccherà invidiare ancora Licia Colò?
«Nooo, niente invidia. Chi lo sa?! Mi piace anche la Sagramola. Sono talmente poco invidiosa che le dico che se Licia mi desse anche un piccolo spazio nel suo programma, accetterei».
(DAL SETTIMANALE OGGI - MARZO 2020)