Riflessioni sparse sul lavoro da ufficio stampa. |
Moda recentissima e ridicola. Mi spiego meglio. Se devo comunicarti qualcosa o chiederti un'informazione, di norma ti mando un'e-mail, ma può capitare che per velocità o brevità ti mandi un messaggio su Messenger di Facebook in posta privata. È veloce, comodo, mi dà persino il feedback della lettura. Tutti vantaggi. Di norma uso le mail o il telefono, ma può capitare che utilizzi quello, oppure whatsapp, persino l'sms, molto demodé ma ancora in funzione. Se mi contatti tu, a me va bene anche il piccione viaggiatore. Basta che ci si raggiunga in qualche modo.
Ebbene, negli ultimi anni un paio di addette stampa (non faccio nomi), in assenza di un riscontro a una domanda che avevo posto, mi hanno risposto: «Eh, ma mi hai scritto su Messenger, non era un'e-mail. Non è professionale».
Ebbene, negli ultimi anni un paio di addette stampa (non faccio nomi), in assenza di un riscontro a una domanda che avevo posto, mi hanno risposto: «Eh, ma mi hai scritto su Messenger, non era un'e-mail. Non è professionale».
A me dici non è professionale? È meraviglioso. Ma che ti importa di come ti abbia raggiunto? Viviamo nel 2019, vagamente connessi in ogni modo. Appena appena. Comunque ti raggiunga, va bene. Se contattano me, da sempre, va bene anche il telefono senza fili. Forse è per tutelare i tuoi rigidi orari di lavoro? Della serie: l'e-mail la leggo solo in ufficio e in quelle ore lavoro. Non barare. L'e-mail la leggi ovunque e in qualsiasi ora del giorno e della notte sullo smartphone. Se non è urgente, rispondimi quando puoi. Ci mancherebbe. Ma non mi contestare il «come» ti ho raggiunto. La forma è sostanza, lo dico da sempre. Ma mi sembra che qui si esageri. Altrimenti s'andava tutti insieme a lavorare al catasto e non nell'allegro mondo dello showbiz.