«Polvere di stelle» sul fallimentare show di Adriano Celentano (nella foto). |
1) Il primo errore sta nel manico. Come ha potuto un'azienda come Mediaset accollarsi un prodotto del genere, per giunta a quanto sembra a scatola chiusa, visto che (come d'uso) ha sempre deciso tutto Claudia Mori con il «Clan Celentano»? Indagando nei corridoi del Biscione si respira aria di rassegnata accettazione. Della serie: «Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare» (cit.). C'è chi dice che lo show lo volesse assolutamente Piersilvio Berlusconi, quindi tutti zitti, muti e pedalare. Altre suggestive teorie le lascio ai corridoi.
2) Già la prima tranche di spettacolo, andata in onda lo scorso anno da Verona e poi interrotta fra la disperazione generale, con la fuga preventiva di mezzo cast e Celentano desaparecido che pretendeva di fare grandi ascolti con la vecchia formula del silenzio-assenza (un copione che poteva andare bene 20-30 anni fa), doveva far presentire il tracollo. Da una botta così ci si riprende solo (forse) rimettendo mano completamente al progetto. Cosa che non è stata fatta: è tornato in onda pressoché identico, con un Celentano giusto un filo più presente e canterino. Troppo poco e troppo tardi.
3) Il cartoon zoppicante e autocelebrativo (la gestazione è durata anni), con Celentano e la Mori che tenevano tanto a mostrarsi ancora giovani e belli, senza rinunciare ovviamente ai predicozzi e ai sermoni del vate canzonettaro, si è rivelato subito una mappazza indigesta. Tanto che si favoleggia che ricevuto il pacchetto finito, a Cologno Monzese abbiano capito subito a che cosa si andava incontro. Quindi come gestirlo? Spezzarlo? Metterlo in coda zavorrando il resto? Un impiccio non da poco. In quest'ultima fase si è deciso di alternarlo a parti di show, con i risultati che sono stati sotto gli occhi di tutti.
4) L'atmosfera in studio è fondamentale. E anche se scenografia e luci erano tecnicamente perfette per un racconto livido e cupo (molta, troppa penombra, si può andare in onda con una cosa del genere?), è evidente come il pubblico preferisca colore, canzoni a raffica e divertimento. Già c'era Celentano che (visibilmente e comprensibilmente, visti gli ascolti) dava l'impressione di non credere più al progetto che stava portando avanti; almeno aiutatelo rendendo la veste un po' più accattivante. Invece no. «The Walking Dead» metteva più allegria.
5) Non ha funzionato (ed è una sentenza purtroppo definitiva) il processo di eventizzazione della prima fase, lo scorso anno, con gli spot martellanti a volume altissimo che sono riusciti più a indispettire lo spettatore che ad attrarlo. Celentano, intercettato nei giorni scorsi da Valerio Staffelli di «Striscia la notizia» per la consegna di un immancabile Tapiro d'oro per il sontuoso flop, si è salvato con l'autoironia: «Ma io lo capisco». Tutte le cose nuove hanno un impatto difficile all'inizio. Poi è pure peggio». Rilevando poi come il pubblico non avesse capito il programma. E anche questo, Adriano caro, è un macroscopico errore. Se il pubblico non ti guarda, non è mai il pubblico a non aver capito. Sono comunque l'artista e l'editore ad aver sbagliato. A meno che non volessero uno show da 11% e rotti. In quel caso, missione compiuta.
Nota di colore a margine. Ieri Celentano ha tentato di correre ai ripari cantando la natalizia «Tu scendi dalle stelle» con uno stupendo coro femminile. Per essere sceso, è sceso. Però con qualche accortezza poteva farsi meno male.