Il vincitore del Festival, Mahmood e il direttore artistico Claudio Baglioni. |
A voler essere maliziosi si potrebbe rilevare che, guarda caso, ha vinto un cantante Universal (uno che non fa parte della ricca scuderia festivaliera F&P di Ferdinando Salzano), allontanando così possibili, ulteriori polemiche di «Striscia la notizia», che sull'ipotetico conflitto d'interessi baglioniano quest'anno ha picchiato come fanno i fabbri sull'incudine. Facendo né più né meno il suo lavoro, intendiamoci.
E a voler essere ancora più maliziosi si potrebbe far notare anche che casualmente ha vinto un ragazzo nato a Milano nel 1992 da madre sarda e padre egiziano. Con nome e tratti somatici che paiono un inno al meticciato. Un dispettuccio a Matteo Salvini, dal quale si attendono tweet. Saranno sicuramente casualità, ma tant'è. A volte tocca essere didascalici.
Il pezzo di Mahmood a mio avviso era ordinaria amministrazione. Meglio strutturata la canzone del vincitore annunciato Ultimo, che nella conferenza stampa finale, nottetempo, scornato per aver perso, l'ha fatta fuori dal vaso scagliandosi contro quei cattivoni dei giornalisti, non si capisce bene per quale motivo. Più sportivi i ragazzi de Il Volo, i quali con la loro imbarazzante «Musica che resta» (sugli scaffali) devono ringraziare parecchie divinità pagane se sono riusciti a piazzarsi in terza posizione. Ma in fondo sono un'operazione commerciale internazionale, e va bene così.
Veniamo a Baglioni e allo show. Claudio ha violato, consapevolmente e stupendo tutti, una regola non scritta dello spettacolo: non si rifà il Sanremo perfetto. Lo scorso anno riuscì a portarlo a casa, e stavolta ci è ricascato. Non entro nel merito delle ragioni (economiche? Amicali? Artistiche?), ma da uno che ha mezzo secolo di showbiz alle spalle una toppata così non te l'aspetti. Le polemiche sono fioccate, gli ascolti ne hanno lievemente risentito (a proposito, la serata finale ha chiuso con 10.622.000 spettatori e il 56,5% di share; lo scorso anno furono 12.100.000 con il 58,3%), e lui stesso, insieme con Claudio Bisio e Virginia Raffaele, ha finito col ritrovarsi spiazzato, mogio, nervoso, tirato come una corda di violino. La serata del debutto, tra freddezza, scarsa amalgama nel trio, e vistose carenze autorali, che hanno punteggiato tutto il percorso, è stata l'emblema della noia più totale.
Si vocifera di un Baglioni tris. Non ci crederò manco se lo vedrò. Ma se così dovesse essere, sarebbe solo un puntiglio del caparbio Claudione per farla ad Antonio Ricci e a tutti coloro che quest'anno hanno provato a mettere all'angolo lui e Salzano. Quindi un altro errore. E due sono troppi.