Il protagonista dell'interattivo episodio «Bandersnatch» della serie tv «Black Mirror». |
La trama. 1984. Un nerd brufoloso che a Sega non di rado aggiunge Master System lavora a un nuovo videogame interattivo dai molteplici finali. Rimasto solo con papà e in cura da una psicologa, si rivolge a una software house per sviluppare il progetto, «Bandersnatch», tratto da un ignoto tomo.
Più di così è meglio che non ti racconti, perché sarai tu (sì, proprio tu) a far procedere gli eventi, dalle azioni più banali agli snodi cruciali della storia decidendo in un tempo molto limitato e con un tocco di vibrante joystick. La classica doppia scelta: dalla colonna sonora, alla decisione se impiegare il protagonista per fargli far fuori papà con un colpo di posacenere di cristallo, oppure risparmiargli la vita.
Il trucco c'è, e si vede (a volte ti costringono a marce indietro forzate, mica si possono girare sequenze alternative per tutta la vita), ma il giochino intrippa quanto basta per dedicargli un paio d'orette, riavvolgendo di tanto in tanto il nastro e cambiando opzione. In ogni caso, il meccanismo è studiato così bene che dopo un'ora circa, forse meno, puoi arrivare a un finale. Ma se non ti basta, clicchi di nuovo e alcune scene e dettagli cambiano e ti vengono riproposti.
Molto più serio di altri, embrionali esperimenti simili, «Bandersnatch» di «Black Mirror» piace anche perché ammicca continuamente al grande potere decisionale dato allo spettatore, che diventa l'entità oscura che muove le pedine.
Tocco di classe per chi è datato: la sigla di coda in midi rimasterizzato, come i vecchi videogames.