Enzo Tortora e Antonella Clerici in «Portobello». |
«Portobello» (l'attuale) è un rispettoso clone adeguato tecnologicamente ai tempi dalla regia di Duccio Forzano e presentato con grazia ruspante da Antonella Clerici. Per esigenze pubblicitarie dura troppo, come tutte le trasmissioni alle quali siamo abituati, e va in onda in un tempo in cui la tv (tutta) profuma - quando va bene - di PVC, è diventata ordinaria amministrazione, sciatteria diffusa, materia di consumo. Lo specchio dei tempi, né più né meno. In questo senso è una boccata d'ossigeno.
Paragonarli però ha senso fino a un certo punto. Non solo perché schegge di «Portobello» sono diventate miriadi di trasmissioni che dalla sua chiusura in poi hanno invaso i palinsesti (l'elenco sarebbe troppo lungo: da «Stranamore» al «C'è posta per te» di Maria De Filippi, per citarne soltanto un paio eclatanti), ma perché è sopraggiunta un'altra e più vistosa variante. Siamo cambiati noi. Quindi meglio stare zitti.
Mi limito al presente: la carne al fuoco è tanta (mi vien da dire troppa, ma il brodo va allungato), c'è poca interazione curiosa, da privacy violata, fra la Clerici e alcune cabine che meriterebbero più attenzione, e la farcitura di spot e telepromozioni non aiuta, se non la concessionaria di pubblicità. È comunque un sabato sera rassicurante, morbido, nel pieno mood di Raiuno. Perfetto per quest'Italia che balla sul Titanic. La prima puntata è stata vista da 4.150.000 spettatori con il 20,17% di share. Schiacciata dal 28,85% di «Tu sì que vales» di Canale 5.
E comunque, più che far parlare un pappagallo in tv, secondo me oggi Tortora proverebbe a far tacere alcuni opinionisti a gettone.