Da sinistra, Silvio Berlusconi (Forza Italia) e il giornalista Franco Bagnasco |
ricorda l'estate 1996? Fu la "nostra" estate. All'epoca lavoravo per «Il Giornale» ed ero in vacanza in Liguria, nella placida Moneglia (Genova). Una sera in piazza si teneva il concerto di Enzo Jannacci, che seguii non per lavoro ma solo per il piacere di ascoltare un grande cantautore. Durante quello show, Jannacci, di diversa fede politica rispetto alla sua, dal palco, le augurò la morte. Così, freddamente, a brutto muso: «Muoia Berlusconi!». Rimasi molto colpito da una cosa così sgradevole, e (un po' perché fiutai la notizia), un po' perché non riuscivo ad accettarlo, mollai tutto e dopo il live andai dietro le quinte a intervistarlo. Jannacci si scusò, fece subito marcia indietro e ritrattò completamente, come può ascoltare nell'audio dell'intervista (un piccolo reperto) che riporto integralmente anche qui sotto. Inutile dire che l'articolo che derivò da quella sparata del cantante e dal mio successivo incontro con lui fece parecchio scalpore.
La difesi, Presidente. Ma non perché lei avesse bisogno di essere difeso da me, ci mancherebbe. E neppure perché lavoravo per il quotidiano della sua famiglia. Lo feci soprattutto per principio, perché ritenevo (e ritengo) inaccettabile che la lotta politica dovesse passare dall'augurare la morte all'avversario. Che squallore!
Sarebbe un po' come se si scoprisse che un personaggio pubblico, che cerca di contrabbandare a ogni piè sospinto la propria bontà e nobiltà d'animo in tutte quelle sedi plateali dove essa è richiesta, nella realtà minacciasse, umiliasse, intimidisse, insultasse i propri collaboratori, sino ad arrivare persino ad augurare loro il cancro. Una totale presa in giro per quel pubblico che ingenuamente crede a una rispettabilità che di norma si ritiene doverosa e compresa nel pacchetto, non trova? Già, ma chi potrebbe mai arrivare a simili abissi di squallore e meschinità?
Fatta questa premessa che indulge al ricordo, Presidente Berlusconi, arrivo al motivo per il quale le scrivo, nella sua veste di primario esponente politico: volevo chiederle un incontro per sottoporle di persona un documento in mio possesso. Un documento di preoccupante gravità che va contro i principi e i fondamenti stessi della libertà d'espressione sanciti dalla Costituzione. Un precedente grave. Qualcosa di incredibile, talmente illiberale e antistorico da risultare assurdo. Non fosse qui, palpabile, tra le mie mani.
Ritengo opportuno mostrare questo foglio anzitutto a lei, che è a capo di una forza che sin qui si è sempre distinta per la difesa dei diritti fondamentali dei cittadini. Vorrei sapere che cosa ne pensa, ma sono sicuro che anche a lei monterà la mia stessa, esterrefatta indignazione. È davvero importante parlarne, e le garantisco che, se vorrà ricevermi, avremo molto, molto da dirci. Per questo insisto e insisterò in futuro chiedendole un appuntamento (non appena le sarà possibile) in una delle sue residenze. Ci sono valori e principi condivisi troppo importanti per non essere salvaguardati in ogni modo. Sono certo che, vista l'importanza della cosa, non si sottrarrà a questo mio invito.
Grazie mille e buon lavoro.
(ex giornalista di «Tv Sorrisi e Canzoni»)