Selvaggia Lucarelli e la copertina di «Dieci piccoli infami» (Rizzoli) |
«Dieci piccoli infami», il secondo libro di Selvaggia Lucarelli, è un florilegio di storie minimal tratte dalla vita dell'influencer-blogger-scrittrice più in voga. Che si porta appresso sacchi e sporte di estimatrici e di haters.
Il mio ritratto preferito è quello di «Mister Amuchina», un ex della protagonista patito per l'igiene e la cura della casa. Un Furio di Verdone che esiste per davvero. Ma anche «Il ragazzo gentile», nella sua breve, esplosiva costruzione con sorpresa finale ha il suo dannato perché.
A differenza del primo romanzo, decisamente più ponderoso, qui l'autrice è più vicina all'immagine ironica che da di sé su Facebook o sui giornali. I maestri (i debiti formativi, chiamiamoli così) sono quelli di tutti noi che facciamo questo mestiere giocando col sorriso: c'è un po' di Paolo Villaggio, il capostipite del genere, e un po' (lo si dimentica troppo spesso) di Luca Goldoni, altro maestro dell'ironia giocata sui luoghi comuni.
Full immersion nei ricordi e nella sensibilità Selvaggia di un'ex ragazzina (verrebbe da dire signora) che ne ha fatta di strada.