Gli auguri che mi ha fatto Francesca Gregni. |
«Che faccio, signore, è mezz'etto in più, lascio?».
In questi tempi social viene la tentazione di pesarli un tanto al chilo, persino gli auguri, che continuano incredibilmente ad arrivarmi anche oggi, The Day After. Invece anche lì, come per tutto nella vita, più che sulla quantità bisogna ragionare sulla qualità. Perché gli auguri che mi avete fatto quest'anno sono stati davvero speciali, soprattutto per il momento che da parecchio tempo sto attraversando. In parte forse sapete, in parte intuite, senza dubbio condividete, e sono felice che questa cosa vi sia arrivata. In purezza, come direbbero gli enologi.
Siete stati motivanti, appassionati, caldi, creativi (per esempio Francesca Gregni, che ringrazio per questa composizione messa insieme andando a recuperare una mia foto di una quindicina di anni fa, quando ancora andavo in giro senza bavaglio e mi divertivo facendo il mio lavoro). Siete stati e siete state un balsamo; quello che mi ci voleva in questo periodo strano, di cupezze, di mortali lungaggini burocratiche per arrivare alla Giustizia, passo passo, ma anche di necessità di lottare. Per il rispetto basico (che qualcuno mi ha fatto troppe volte mancare) e per salvaguardare i principi sacrosanti di un mestiere nel quale ancora credo.
«Io sono ancora qua», cantava Vasco. Sono parecchio ammaccato, ma ho intenzione di restarci. Tengo botta. E non posso fare altro che ringraziarvi di cuore, uno ad uno, perché in una fase down mi avete dato nuova forza per continuare. Lo faccio per me, certo, ma lo faccio (anche) per tutti. Perché il giornalismo è di tutti.
Questo, per favore, non dimenticatelo mai.
In questi tempi social viene la tentazione di pesarli un tanto al chilo, persino gli auguri, che continuano incredibilmente ad arrivarmi anche oggi, The Day After. Invece anche lì, come per tutto nella vita, più che sulla quantità bisogna ragionare sulla qualità. Perché gli auguri che mi avete fatto quest'anno sono stati davvero speciali, soprattutto per il momento che da parecchio tempo sto attraversando. In parte forse sapete, in parte intuite, senza dubbio condividete, e sono felice che questa cosa vi sia arrivata. In purezza, come direbbero gli enologi.
Siete stati motivanti, appassionati, caldi, creativi (per esempio Francesca Gregni, che ringrazio per questa composizione messa insieme andando a recuperare una mia foto di una quindicina di anni fa, quando ancora andavo in giro senza bavaglio e mi divertivo facendo il mio lavoro). Siete stati e siete state un balsamo; quello che mi ci voleva in questo periodo strano, di cupezze, di mortali lungaggini burocratiche per arrivare alla Giustizia, passo passo, ma anche di necessità di lottare. Per il rispetto basico (che qualcuno mi ha fatto troppe volte mancare) e per salvaguardare i principi sacrosanti di un mestiere nel quale ancora credo.
«Io sono ancora qua», cantava Vasco. Sono parecchio ammaccato, ma ho intenzione di restarci. Tengo botta. E non posso fare altro che ringraziarvi di cuore, uno ad uno, perché in una fase down mi avete dato nuova forza per continuare. Lo faccio per me, certo, ma lo faccio (anche) per tutti. Perché il giornalismo è di tutti.
Questo, per favore, non dimenticatelo mai.