La Santa Muerte, patrona dei narcotrafficanti. |
Nel mondo Narcos, sia in Bolivia che in Colombia, la tortura del gatto è una cosa frequente, molto semplice da realizzare, con grossa resa e a basso impegno per il carnefice. Si prende un furgoncino di quelli per le consegne di merci, con il piccolo cassone chiuso e senza vetri nella parte parteriore, e si butta dentro, al buio, il malcapitato insieme con un gatto. Poi si inizia a battere forte sul cassone, più e più volte, su tutti i lati, per fare spaventare l'animale, che in men che non si dica diventa una furia graffia e riduce a brandelli il torturato, manco fosse stato aggredito da una tigre. Un'esperienza, pare, terrificante.
Per chi è appassionato di riti e miti della criminalità organizzata, c'è anche il nuovo videogioco di Ubisoft, «Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands», dove si parla e ci si incontra spesso con la Santa Muerte, patrona dei narcotrafficanti. Divinità studiata con grande passione da Thomas Aureliani, che non bazzica solo dalle parti di Pablo Escobar e dei suoi emuli, ma segue anche credenze e attaccamenti religiosi riscontrabile anche tra i boss di mafia e camorra, come la stessa serie tv «Gomorra» ha evidenziato. Appoggiarsi alla religione è una costante nelle organizzazioni criminali. Un po' per fingere di ripulirsi la coscienza, un po' per avere maggiore controllo sulla popolazione.