lunedì 29 giugno 2015

IBIZA, LA VERA PAELLA, LE TRE FRANCESI E LA PUZZA DI FUMO A TAVOLA

Ieri sera, al termine di una giornata ventosa e meteorologicamente incerta, ho fatto pensieri impuri. 
Erano da poco passate le 21, e stavo seduto come un Papa nella zona un po' appartata della veranda del Can Pujol, un ristorantino in riva al mare, fissando davanti a me il vero amore della mia vita: una paella de mariscos gigante, quasi per due persone, a perfetta cottura, la giusta salatura, e all'interno tocchetti di verdure, pesci, molluschi e crostacei di ogni tipo: uno scampo enorme, due gamberoni, cozze, vongole, il legamento crociato di un'aragosta e persino parti di scorfano, con la sua polpa grassoccia, che mi sono convinto sia l'ingrediente segreto locale. Il tutto servito in padella antiaderente gigante piatta diametro 30. Con accanto un calice di onesto bianco, guardavamo insieme il tramonto dicendoci cose romantiche, sapendo che non ci saremmo mai detti addio. E che avremmo tanto riso. 


Insomma, un trionfo.
All'improvviso, il fulmine a cielo (poco) sereno. Entrano nel locale tre longilinee carampane francesi sui 55-60, firmate da capo a piedi più di un rogito notarile, e, senza degnarmi di uno sguardo, siedono al tavolo accanto al mio. Per poi farsi spostare dopo due minuti, causa vento, in quello di fronte a me, più riparato. In pochi secondi, con quella simpatia tutta loro, è un coro unanime di tipica onomatopea francofona ("Bou bou bou", "Là là là", "Bon Bon Bon", "Ceci, ce là", "Charles Trenet au pèst" e via discorrendo). Insomma ordinano, ma realizzo subito che si sta mettendo male. Malissimo. Come se non bastasse le tre scorfane, palesemente indegne persino di stare nella mia paella, per ingannare l'attesa, fanno la cosa più crudele che si possa fare accanto a me: si accendono simultaneamente tre sigarette. Ero distratto, ma non c'è aria aperta che tenga: la zaffata mortale mi arriva in un istante, colpisce le mie narici mentre sto assaporando la delizia, ed è subito disgusto. Totale, infinito. Chiunque mi conosca sa che detesto il fumo già in condizioni normali (in tanti anni, non mi sono mai messo con una tipa che fumasse, anche se altrimenti degna, giusto per rendere l'idea), figurarsi in quella situazione. 


Ricapitoliamo: tre brutte, vecchie e antipatiche (per antonomasia) francesi erano sedute a un metro da me emettendo gridolini e fumo di sigaretta a nastro mentre stavo mangiando. Non riesco a immaginare situazione peggiore. Nella graduatoria delle cose che avrei sopportato meglio c'erano senz'altro: Sanchez che mi mordeva l'orecchio, essere svegliato all'alba con un calcio negli zebedei (non necessariamente da Sanchez) e sette settimane di lupus eritematoso sulle natiche senza l'ausilio del Dr. House .
La Francia mi aveva dichiarato guerra, era evidente, e dovevo fare qualcosa. Soluzioni possibili: rivolgermi a loro con garbo antico chiedendo di smettere. Poteva funzionare, ma considerato che le tre si erano accese un'altra sigaretta anche durante il pasto (io la gente non la capirò mai), rischiava di finire a battibecco: "Nous sommes en plein air, à l'ouvert, faites le casses toi, que Nous se faisons les notres et campòns touts 100 ans". Già la sentivo risuonare nelle orecchie, quella maledetta frase. E poi non avevo voglia di litigare, di mettermi a questionare in vacanza. Avrei potuto usare un metodo molto francese: fare la spie, non essendo figlio di Marie. Chiamare il cameriere, segnalare il problema e sperare in una soluzione. Già, ma essendo maledettamente all'aperto, rischiavo di essere respinto con perdite. Forse. O forse no. Insomma, non se ne usciva.


È stato in quel preciso momento che, per qualche istante, un immondo, peccaminoso pensiero mi ha attraversato la mente: visto che le tre scappate da la maison di Versace mi avevano rovinato la cena con i loro immondi effluvi, avrei forse potuto combattere sullo stesso terreno olfattivo rimandando loro un profumo il più possibile vicino a quello del formaggio francese a lunga stagionatura. In fondo in determinate circostanze, come le serate un po' fresche e ventose, scarsamente vestito, alle prese con una gigantesca paella, sono in grado di produrlo senza troppe difficoltà (e persino senza impatto sonoro), quell'aroma intenso. Un po' stilton, un po' camembert andato a male. Avrei potuto forzare la mano (non esattamente quella, ma si dice così) e farlo, senza vittime civili innocenti, perché eravamo in due tavoli piuttosto isolati. Avrei potuto, ma non l'ho fatto. A vent'anni, forse. Ieri invece mi sono detto: Franco, ormai sei grandicello, non si fanno queste cose. Neppure se provocati. Lascia che stavolta la Francia vinca 3-0. Ma ovviamente, se le rivedrò, les dames de la mort civile non avranno una seconda occasione per passarla liscia.

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