Oggi, per la prima volta, in uno spot radiofonico, ho sentito definire il Dj (o Deejay, se preferite) «Music Designer».
Il mestiere, che rispetto, lo fa anche, con perizia, un amico che in arte si fa chiamare Frederick Magha Dj. Un tipaccio (lo vedete nella foto) che quando suona in piazza, alla festa del paese, mi fa tremare (letteralmente) le tapparelle di casa a furia di decibel, e per questo mi sta fortemente sulle balle. Però gli voglio bene lo stesso.
Frederick Magha Dj è uno ruspante, che come vezzo al massimo si mette una H nel cognome. Se lo conosco abbastanza bene, si lancerebbe volentieri in uno stage diving, planando sul pubblico, ma non si sognerebbe mai di farsi chiamare «Music Designer». Fighetteria da lasciare ad altri. Anche perché i deejay di solito, con la loro deriva televisivo-rappeggiante (da J-Ax a Fedez, per fare due esempi in voga), non sono tanto gente da Salone del mobile, ma piuttosto Soloni dell’immobile. Ieratici, dietro la loro sacra console.
Eppure questa strana espressione, «Music Designer» (un po' come «Light Designer» per direttore della fotografia), entra a tutti gli effetti nella galleria delle frasi alternative nate per nobilitare arti, mestieri e stati fisici tipica di questo Paese. Dall’ormai leggendario spazzino che diventò «Operatore ecologico», al becchino che fa l’«Operatore cimiteriale», all’handicappato «Diversamente abile». Sino alla commessa «Consulente di vendita» e alla colf/donna delle pulizie promossa a «Collaboratrice domestica».
Parola di giornalista. Pardon, se non vi spiace preferirei «Word Optimizer».
Il mestiere, che rispetto, lo fa anche, con perizia, un amico che in arte si fa chiamare Frederick Magha Dj. Un tipaccio (lo vedete nella foto) che quando suona in piazza, alla festa del paese, mi fa tremare (letteralmente) le tapparelle di casa a furia di decibel, e per questo mi sta fortemente sulle balle. Però gli voglio bene lo stesso.
Frederick Magha Dj è uno ruspante, che come vezzo al massimo si mette una H nel cognome. Se lo conosco abbastanza bene, si lancerebbe volentieri in uno stage diving, planando sul pubblico, ma non si sognerebbe mai di farsi chiamare «Music Designer». Fighetteria da lasciare ad altri. Anche perché i deejay di solito, con la loro deriva televisivo-rappeggiante (da J-Ax a Fedez, per fare due esempi in voga), non sono tanto gente da Salone del mobile, ma piuttosto Soloni dell’immobile. Ieratici, dietro la loro sacra console.
Eppure questa strana espressione, «Music Designer» (un po' come «Light Designer» per direttore della fotografia), entra a tutti gli effetti nella galleria delle frasi alternative nate per nobilitare arti, mestieri e stati fisici tipica di questo Paese. Dall’ormai leggendario spazzino che diventò «Operatore ecologico», al becchino che fa l’«Operatore cimiteriale», all’handicappato «Diversamente abile». Sino alla commessa «Consulente di vendita» e alla colf/donna delle pulizie promossa a «Collaboratrice domestica».
Parola di giornalista. Pardon, se non vi spiace preferirei «Word Optimizer».