Mentre Carlo Conti, straordinaria macchina da guerra televisiva, dopo questo strategico Sanremo si avvia a diventare non tanto il nuovo Pippo Baudo ma l'Andreotti della televisione italiana, si registra la prevedibile vittoria dei tre tenorini de Il Volo.
Ieri vestiti da gran sera, e in questa foto nudi come mamma li ha fatti. Uno sembra anche un po' barzotto (giustamente) per questo trionfo al Festival, a fronte di una canzone scritta col bilancino non tanto per l'Italia ma per il mercato internazionale, che adora immaginarci come tanti piccoli Pavarotti da mattina a sera. Tutti lì a cantare «Nessun dorma» mentre facciamo colazione con le Macine del Mulino Bianco.
Meritato secondo posto per Nek, con un pezzo dal gran tiro, godibilmente arrangiato, e terzo piazzamento per la canzone che (in un mondo perfetto) avrebbe dovuto vincere: «Silenzi per cena» di Malika Ayane. Ma siamo pur sempre a Sanremo, e non si può avere tutto dalla vita.
Fra un più che onesto Marco Masini (quasi ai livelli di un tempo) e una convincente Chiara Galiazzo (che scopiazza però da Pupo), spiace per Annalisa, preparata e con una canzone che uscirà di più sulla lunghezza, e per Lorenzo Fragola, che ha impiegato una settimana a carburare ma nell'ultima serata ha restitutito una grintosa versione del suo brano. Persino Bianca Atzei meritava di più (ma la canzone si rifarà, ne sono certo). Peccato per il brano un po' piatto di Nini Zilli, però lei è talmente gnocca che la perdoneresti anche se intonasse le Pagine gialle.
Non sono mancate le punte di trash, come l'imbarazzante letterina finale al conduttore «scritta» dalle tre vallettte (Arisa, Emma e Rocío Muñoz Morales), voluta dagli autori con l'intento di provocare in loro la lacrimuccia di fine Festival, e le performance incolori di tanti comici. Si sono salvati Luca e Paolo con la loro cinica Rip parade dei morti di spettacolo a uso dei media. E a me hanno divertito persino le scematine dei Boiler. Su tutti, ovviamente, ma non tutte le sere, spiccava Rocco Tanica.
In ogni modo: non ci sono stati picchi, ma gli ingredienti, e gli ospiti, c'erano tutti. Tanti, anzi parecchi. Per dirla con Jannacci. Una formula studiata col bilancino dal buon Carletto per portare a casa numeri Auditel. Che sono piovuti copiosamente.
Morale: Carlo Conti, che è già da anni la colonna di Raiuno, prima ha impiegato una vita per arrivare a un Sanremo che avrebbe dovuto condurre già da molto molto tempo. E ora rischia di non lasciarlo (con rare pause) per i prossimi vent'anni. Segnatevi questa profezia.
Ieri vestiti da gran sera, e in questa foto nudi come mamma li ha fatti. Uno sembra anche un po' barzotto (giustamente) per questo trionfo al Festival, a fronte di una canzone scritta col bilancino non tanto per l'Italia ma per il mercato internazionale, che adora immaginarci come tanti piccoli Pavarotti da mattina a sera. Tutti lì a cantare «Nessun dorma» mentre facciamo colazione con le Macine del Mulino Bianco.
Meritato secondo posto per Nek, con un pezzo dal gran tiro, godibilmente arrangiato, e terzo piazzamento per la canzone che (in un mondo perfetto) avrebbe dovuto vincere: «Silenzi per cena» di Malika Ayane. Ma siamo pur sempre a Sanremo, e non si può avere tutto dalla vita.
Fra un più che onesto Marco Masini (quasi ai livelli di un tempo) e una convincente Chiara Galiazzo (che scopiazza però da Pupo), spiace per Annalisa, preparata e con una canzone che uscirà di più sulla lunghezza, e per Lorenzo Fragola, che ha impiegato una settimana a carburare ma nell'ultima serata ha restitutito una grintosa versione del suo brano. Persino Bianca Atzei meritava di più (ma la canzone si rifarà, ne sono certo). Peccato per il brano un po' piatto di Nini Zilli, però lei è talmente gnocca che la perdoneresti anche se intonasse le Pagine gialle.
Non sono mancate le punte di trash, come l'imbarazzante letterina finale al conduttore «scritta» dalle tre vallettte (Arisa, Emma e Rocío Muñoz Morales), voluta dagli autori con l'intento di provocare in loro la lacrimuccia di fine Festival, e le performance incolori di tanti comici. Si sono salvati Luca e Paolo con la loro cinica Rip parade dei morti di spettacolo a uso dei media. E a me hanno divertito persino le scematine dei Boiler. Su tutti, ovviamente, ma non tutte le sere, spiccava Rocco Tanica.
In ogni modo: non ci sono stati picchi, ma gli ingredienti, e gli ospiti, c'erano tutti. Tanti, anzi parecchi. Per dirla con Jannacci. Una formula studiata col bilancino dal buon Carletto per portare a casa numeri Auditel. Che sono piovuti copiosamente.
Morale: Carlo Conti, che è già da anni la colonna di Raiuno, prima ha impiegato una vita per arrivare a un Sanremo che avrebbe dovuto condurre già da molto molto tempo. E ora rischia di non lasciarlo (con rare pause) per i prossimi vent'anni. Segnatevi questa profezia.