C'è vacanza e vacanza.
C'erano quelle degli Anni 50 e 60, quelle mitiche dei nostri genitori (ma anche dei nostri nonni, volendo), col boom economico, le prime auto da stipare all'inverosibile per imbarcarsi in lunghi e improbabili giri di (mezza) Italia a non più di cinquanta all'ora; viaggi della speranza (di non bucare) che si concludevano quasi sempre con il mezzo che accostava a destra, sulla corsia d'emergenza, in autostrada, perché dal cofano usciva un preoccupante fumo nero. E che Dio ce la mandi buona.
,,,,, Ci sono state quelle degli Anni 70 e 80, con l'orgoglio borghese - per molti fortunati - di comprarsi a fatica la seconda casa in riviera, fra Liguria e Versilia. Oppure, per i meno spendenti, di invadere la Romagna ad agosto, confusi ai turisti tedeschi, tra piadine, cassoni, sangiovese, maxi discoteche intramontabili e l'Orchestra Raoul Casadei.
C'è stato lo stordimento berlusconiano/edonistico dei 90, con la loro onda lunga. Anni segnati dalla moda delle deportazioni di massa nei villaggi turistici (ovunque, purché villaggio), dei karaoke e della Fiorello mania, con tanto di gioco apertivo, braccialetto all inclusive e spettacolone serale con gli animatori. E al ritorno guai a non dichiarare che ti eri divertito da pazzi, ma sei scemo?
È cambiato non solo secolo, ma persino il millennio, e siamo arrivati a oggi, agli Anni 2000. Le vacanze preferiamo chiamarle ferie (dà più l'idea di avere un'occupazione), ma di fatto in ferie non ci andiamo più per il gusto di farle. Per carità. Ci attacchiamo ai nostri smartphone - iPhone o Samsung poco importa -, e giriamo il mondo lavorando alacremente (tutti, dipendenti, liberi professionisti e disoccupati) gratis per produrre foto e contenuti da piazzare su Facebook, Instagram e Twitter. In pratica, anche in vacanza,
produciamo (inde)fessamente per Mark Zuckerberg. L'unico che in vacanza può andarci davvero, senza pensieri. E poi per spalmare un po' di balsamo sul nostro ego. Che non riposa mai.
C'erano quelle degli Anni 50 e 60, quelle mitiche dei nostri genitori (ma anche dei nostri nonni, volendo), col boom economico, le prime auto da stipare all'inverosibile per imbarcarsi in lunghi e improbabili giri di (mezza) Italia a non più di cinquanta all'ora; viaggi della speranza (di non bucare) che si concludevano quasi sempre con il mezzo che accostava a destra, sulla corsia d'emergenza, in autostrada, perché dal cofano usciva un preoccupante fumo nero. E che Dio ce la mandi buona.
,,,,, Ci sono state quelle degli Anni 70 e 80, con l'orgoglio borghese - per molti fortunati - di comprarsi a fatica la seconda casa in riviera, fra Liguria e Versilia. Oppure, per i meno spendenti, di invadere la Romagna ad agosto, confusi ai turisti tedeschi, tra piadine, cassoni, sangiovese, maxi discoteche intramontabili e l'Orchestra Raoul Casadei.
C'è stato lo stordimento berlusconiano/edonistico dei 90, con la loro onda lunga. Anni segnati dalla moda delle deportazioni di massa nei villaggi turistici (ovunque, purché villaggio), dei karaoke e della Fiorello mania, con tanto di gioco apertivo, braccialetto all inclusive e spettacolone serale con gli animatori. E al ritorno guai a non dichiarare che ti eri divertito da pazzi, ma sei scemo?
È cambiato non solo secolo, ma persino il millennio, e siamo arrivati a oggi, agli Anni 2000. Le vacanze preferiamo chiamarle ferie (dà più l'idea di avere un'occupazione), ma di fatto in ferie non ci andiamo più per il gusto di farle. Per carità. Ci attacchiamo ai nostri smartphone - iPhone o Samsung poco importa -, e giriamo il mondo lavorando alacremente (tutti, dipendenti, liberi professionisti e disoccupati) gratis per produrre foto e contenuti da piazzare su Facebook, Instagram e Twitter. In pratica, anche in vacanza,