giovedì 12 giugno 2014

RUFFINI E IL «GRAN TOPA» ALLA LOREN * UMORISMO VECCHIO, PIU' CHE VOLGARE

Paolo Ruffini che presenta i David di Donatello e sul palco (credendo di essere tra gli infelici di «Colorado») rompe la liturgia toscaneggiando un: «Signora Loren, lei è sempre una gran topa...» è senz'altro un'uscita infelice. Molto infelice. Per il contesto, l'età della signora, la volgarità, direte voi. Non è così. O almeno, non è questo il motivo principale.
Il problema è che Ruffini, paladino del giovanilismo cabarettistico, ha fatto qualcosa di teatralmente molto vecchio. Potremmo discutere a lungo sul dilagare dei toscani e dei toscanismi nello spettacolo italiano, pari solo al cabarettismo romanesco. Ma sei tu dai della «gran topa» a Sophia Loren fai solo una cosa preistorica, non innovativa. Queste sono trovate sulle quali Roberto Benigni campa già da trent'anni, e ha iniziato a farle in una televisione ingessata. Credere che oggi - dove abbiamo già visto e sentito tutto e il suo contrario -, siano trasgressive, è ridicolo, più che divertente. E Benigni è Benigni. Ruffini - senza offesa - soltanto Ruffini. Ha sbagliato, è stato giustamente massacrato anche da Valerio Mastandrea, che ha infierito sul palco. Ma ora non crocifiggiamolo. Ha sbagliato forma e sostanza. Una cazzata ingenua e sbruffona che sicuramente non ripeterà.

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