Ieri sera Edoardo Raspelli festeggiava al Just Cavalli di Milano i suoi primi 30 (31, per la precisione) anni di televisione. Il debutto fu con Carla Urban nel 1983 in «Che fai, mangi?». Da allora, il giornalista e critico enogastronomico non si è mai fermato né sottratto. A qualsiasi cosa. Sino all'approdo a «Melaverde», l'ultima sua creatura, che ben veleggia sotto il marchio Mediaset.
È difficile spiegare ai non iniziati del mondo dei media chi sia Raspelli, milanese, classe 1949. Un garbato signore extralarge ridimensionato dal bendaggio gastrico e dannatamente bravo (ma soprattutto ostinato) nell'arte di autopromuoversi. Martellante ufficio stampa di se stesso, con un ego che fa capoluogo di regione. Capace di inviarti e-mail a nastro durante il giorno e lunghi sms alle due di notte con i dati d'ascolto dell'ultima puntata del suo programma. Uno che non si sottrae neanche sotto tortura, insomma.
Ma anche una sorta di Federico Fellini cresciuto sotto la Madunina, capace di organizzare party visionari all'insegna del surreale. Feste che riuniscono nello stesso contesto la sosia di Liz Taylor, intenta a divorare l'ottimo prosciutto crudo della bella salumaia figlia del titolare di Ruliano (Langhirano, Parma), un po' di aspiranti attrici e starlette più o meno in ascesa, come Maura Anastasia, il giallista Andrea G. Pinketts con i suoi indimenticabili cappellini di paglia, modelle russe in fila indiana e bombe del sesso pavesi, come Eleonora Espago. Ma anche brillanti presentatrici-croupier come Chiara Squaglia, attori, giornalisti in debito o in credito di visibilità. Insomma, un circo unico nel suo genere. Un filo trash, forse, ma del resto scagli la prima pietra chi non lo ama almeno un po', questo benedetto trash para modaiolo e festaiolo. Che sarebbe tanto piaciuto al maestro riminese, fra copie attualizzate della sua Gradisca, torte alla panna che fanno tanto Colpo grosso e code di abbuffoni al buffet.
Sotto questo tendone, Raspelli è il domatore. Un costume che - ora che ci penso - non gli ho mai visto indossare. E mi piacerebbe lo facesse, prima o poi. Perché sarebbe il suo.
È difficile spiegare ai non iniziati del mondo dei media chi sia Raspelli, milanese, classe 1949. Un garbato signore extralarge ridimensionato dal bendaggio gastrico e dannatamente bravo (ma soprattutto ostinato) nell'arte di autopromuoversi. Martellante ufficio stampa di se stesso, con un ego che fa capoluogo di regione. Capace di inviarti e-mail a nastro durante il giorno e lunghi sms alle due di notte con i dati d'ascolto dell'ultima puntata del suo programma. Uno che non si sottrae neanche sotto tortura, insomma.
Ma anche una sorta di Federico Fellini cresciuto sotto la Madunina, capace di organizzare party visionari all'insegna del surreale. Feste che riuniscono nello stesso contesto la sosia di Liz Taylor, intenta a divorare l'ottimo prosciutto crudo della bella salumaia figlia del titolare di Ruliano (Langhirano, Parma), un po' di aspiranti attrici e starlette più o meno in ascesa, come Maura Anastasia, il giallista Andrea G. Pinketts con i suoi indimenticabili cappellini di paglia, modelle russe in fila indiana e bombe del sesso pavesi, come Eleonora Espago. Ma anche brillanti presentatrici-croupier come Chiara Squaglia, attori, giornalisti in debito o in credito di visibilità. Insomma, un circo unico nel suo genere. Un filo trash, forse, ma del resto scagli la prima pietra chi non lo ama almeno un po', questo benedetto trash para modaiolo e festaiolo. Che sarebbe tanto piaciuto al maestro riminese, fra copie attualizzate della sua Gradisca, torte alla panna che fanno tanto Colpo grosso e code di abbuffoni al buffet.
Sotto questo tendone, Raspelli è il domatore. Un costume che - ora che ci penso - non gli ho mai visto indossare. E mi piacerebbe lo facesse, prima o poi. Perché sarebbe il suo.