Chi
vive al Nord è convinto - da sempre - che le luminarie siano solo e
soltanto quelle quattro lucette sfigate raffiguranti una stella cometa,
babbo Natale con la slitta o arabeschi vari a piacere che spuntano a
dicembre, a ridosso delle feste, sopra le strade dei freddi centri della
Bassa, per dare loro una parvenza di vita apparente. Con gli anni e la
crisi, orpelli sempre più sparuti e insignificanti. Vai con l'effetto neve, e l'abbiamo sfangata anche quest'anno, dicono i commercianti locali, che pagano il disturbo.
Per questo rimasi stupito (ma non rendo abbastanza l'idea) e abbagliato come un bimbo accompagnato per la prima volta alle giostre quando alcuni amici pugliesi, un paio d'anni fa, mi portarono a Scorrano (Lecce), 7.000 abitanti nell'entroterra salentino, vicino alla più nota Maglie. "Andiamo a Scorrano, c'è la festa di Santa Domenica, con le luminarie!", mi dissero entusiasti. "Scorrano?", li guardai io con aria beffarda. Indeciso se pensare a una grave malattia della pelle o a una versione meridionale della superazzora brematurata di tognazziana memoria. Mai coverto, Scorrano. E poi senti questi, strani forte: se andare in un paesino a guardare le luminarie è il loro passatempo preferito, come Pozzetto quando si sedeva in campagna a veder passare il treno, sono conciati malissimo. Ebbene, niente di più sbagliato.
La percezione netta del mio errore, con la pelle d'oca e la fissità del bulbo oculare, l'ebbi all'imbocco della strada principale del paese, quando iniziò a palesarsi un kolossal della luce: enormi corridoi luminosi a rendere indimenticabili stradine anonime, archi luminescenti, castelli di lampadine intermittenti montati su strutture di legno alte decine e decine di metri. E poi tarantole lampeggianti, fiamme, draghi, mille sfumature. Un paradiso in terra. Per non parlare dei fuochi artificiali: suggestivi spettacoli piro-musicali, i migliori botti su piazza, e migliaia di persone da tutto il mondo che vengono a vederli. Giustamente. Perché Scorrano è la capitale riconosciuta di tutto questo. Finiti i cinque giorni dell'annuale sagra, a luglio, gli scorranesi si tassano per (mi dicono) circa 20-25 euro a famiglia, e iniziano a pensare all'edizoone dell'anno successivo. Come i contradaioli di una specie di Palio di Siena della luce. Complice il lavoro di tre-quattro ditte locali del settore, che per fare bella figura sui concorrenti si mettono in gara e per primeggiare venderebbero mamma ai beduini. E poco importa se Scorrano viene ritenuto spesso dagli altri salentini - ne conosco parecchi - un paese vocato al kitsch, un po' "truzzo". Una specie di Rozzano del Sud.
Questi sono matti, ho pensato anch'io la prima volta. E continuo a pensarlo, nonostante torni appena possibile a perdermi tra quelle architetture luminose che paiono disegnate da Storaro. Saper creare qualcosa che ti renda unico, paga sempre. E loro ci sono riusciti, con un senso dello spettacolo che ha pochi eguali. Quindi mi levo il cappello con rispetto, e vi invito a venirci, in questa benedetta Scorrano. Sempre che troviate parcheggio.
Per questo rimasi stupito (ma non rendo abbastanza l'idea) e abbagliato come un bimbo accompagnato per la prima volta alle giostre quando alcuni amici pugliesi, un paio d'anni fa, mi portarono a Scorrano (Lecce), 7.000 abitanti nell'entroterra salentino, vicino alla più nota Maglie. "Andiamo a Scorrano, c'è la festa di Santa Domenica, con le luminarie!", mi dissero entusiasti. "Scorrano?", li guardai io con aria beffarda. Indeciso se pensare a una grave malattia della pelle o a una versione meridionale della superazzora brematurata di tognazziana memoria. Mai coverto, Scorrano. E poi senti questi, strani forte: se andare in un paesino a guardare le luminarie è il loro passatempo preferito, come Pozzetto quando si sedeva in campagna a veder passare il treno, sono conciati malissimo. Ebbene, niente di più sbagliato.
La percezione netta del mio errore, con la pelle d'oca e la fissità del bulbo oculare, l'ebbi all'imbocco della strada principale del paese, quando iniziò a palesarsi un kolossal della luce: enormi corridoi luminosi a rendere indimenticabili stradine anonime, archi luminescenti, castelli di lampadine intermittenti montati su strutture di legno alte decine e decine di metri. E poi tarantole lampeggianti, fiamme, draghi, mille sfumature. Un paradiso in terra. Per non parlare dei fuochi artificiali: suggestivi spettacoli piro-musicali, i migliori botti su piazza, e migliaia di persone da tutto il mondo che vengono a vederli. Giustamente. Perché Scorrano è la capitale riconosciuta di tutto questo. Finiti i cinque giorni dell'annuale sagra, a luglio, gli scorranesi si tassano per (mi dicono) circa 20-25 euro a famiglia, e iniziano a pensare all'edizoone dell'anno successivo. Come i contradaioli di una specie di Palio di Siena della luce. Complice il lavoro di tre-quattro ditte locali del settore, che per fare bella figura sui concorrenti si mettono in gara e per primeggiare venderebbero mamma ai beduini. E poco importa se Scorrano viene ritenuto spesso dagli altri salentini - ne conosco parecchi - un paese vocato al kitsch, un po' "truzzo". Una specie di Rozzano del Sud.
Questi sono matti, ho pensato anch'io la prima volta. E continuo a pensarlo, nonostante torni appena possibile a perdermi tra quelle architetture luminose che paiono disegnate da Storaro. Saper creare qualcosa che ti renda unico, paga sempre. E loro ci sono riusciti, con un senso dello spettacolo che ha pochi eguali. Quindi mi levo il cappello con rispetto, e vi invito a venirci, in questa benedetta Scorrano. Sempre che troviate parcheggio.