venerdì 26 aprile 2013

«MONTALBANO FUI» * IL COMMISSARIO FA IL BOTTO, MA LE STORIE SONO NOIOSE

I quattro nuovi episodi de «Il commissario Montalbano» stanno sbancando l’auditel, come sempre: il secondo, giovedì scorso, ha inchiodato (si fa per dire) alla poltrona 9,9 milioni di spettatori con il 35% di share. Risultati da partita della Nazionale. Peccato che in quest’ultima stagione, la serie non giri. Il prodotto sembra lento, sfilacciato, tirato via senza troppa voglia. Mi è capitato addirittura di sentire i commenti di alcune signore dall’ormone solitamente impazzito per l’uomo di legge siculo che non deve chiedere mai, che hanno inquadrato un Luca Zingaretti «un po’ appesantito, fuori forma». Qualcuna si è spinta più in là, parlando di «principio di senescenza».
Non so quanto ci sia ancora dei racconti di Andrea Camilleri (senz’altro la storia di base, non le sceneggiature e i dialoghi) nell’ultimo Montalbano, che gira per la solita Vigata semi-deserta e divora pesce e arancini nel mitico ristorantino sul mare. Di certo ci si annoia un po’, fra vendette pretestuose, qualche apparente distrazione in fase di scrittura, e alcuni apporti recitativi delle figure di contorno non proprio da Oscar. Persino Catarella, parliamoci chiaro, ha stancato, ridotto com’è alla macchietta di una macchietta. Speriamo non sia l’inizio della fine. Speriamo che che il «Montabano sono» non si trasformi, di questo passo, in «Montalbano fui». Sarebbe un peccato.

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