Fabio Volo, all'anagrafe Bonetti, l’ex panettiere che sforna bestseller, è nato a Calcinate, in provincia di Bergamo, il 23 giugno 1972, ma si professa sempre, orgogliosamente bresciano: «Mio padre è bresciano» spiega «e il Lago d’Iseo è diviso tra sponda bresciana e bergamasca. In pratica, mia madre mi ha portato di là per partorire, ma siamo tornati subito dall’altra parte». I primi passi nello spettacolo sono alcune, dimenticate canzoni, come «Volo» («Come cantante nasco e per fortuna muoio subito»), che gli lascia però in eredità il cognome d’arte. Nel ‘96, a Radio Capital, lo scopre Claudio Cecchetto («Mi disse: “Sei simpatico: se rimani in onda come sei nella vita, vai bene”. E subito dopo: “Ora stai qui e fai la pianta grassa per una settimana”. Mi ha insegnato le basi»), ma il successo arriva fra il ‘98 e il 2001, come co-conduttore e inviato di alcune edizioni de «Le iene». «Mi ripetevano: “È il tuo momento, devi fare le televendite, guadagni un sacco di soldi”. Anche la Ventura mi consigliava di fare le convention. Ho sempre rifiutato: non ho mai avuto l’idea di stare in pista cinque anni e spremere il limone il più possibile perché può finire...».
TEMPO DI «DEEJAY» Il Fabio Volo sapiente miscelatore di suggestioni che solleticano (soprattutto) il pubblico femminile, nasce però nel 2000 a Radio Deejay con «Il Volo del mattino». Al programma segue la pubblicazione del primo libro: «Esco a fare due passi» (300 mila copie). Ma questo tipo c’è, o ci fa?, si domandano in molti. Lui, scaltramente, ne esce così: «Quando non mi ricordano che sono un personaggio, sono me stesso. Se si accendono i riflettori, le cose cambiano. Diciamo che sono l’80% personaggio e il 20% persona. E viceversa».
LO SCRITTTORE Al primo exploit letterario, ne seguono altri cinque. L’ultimo, «Le prime luci del mattino», risale al 2011. L’invidia cresce esponenzialmente. «Mi stupirei del contrario: faccio tante cose e mi vanno tutte bene. Ho la terza media, facevo il panettiere. E siccome mi presento come un improvvisato, ciò genera una reazione umana in chi si sbatte da anni senza troppi riscontri». Un’altra shakerata al mix delle sue passioni, Fabio la dà nel 2002, quando Alessandro D’Alatri lo chiama per interpretare il suo primo film: «Casomai».
VOLARE AL CINEMA Ne seguono altri nove, sino a «Il giorno in più» (2011), e in attesa che il 7 febbraio esca nelle sale il nuovo «Studio illegale». La sua ricetta per il grande schermo viaggia in bilico tra la prestazione da attore puro, e l’impiego dei propri libri come ideale canovaccio per dare più credibilità alle storie che interpreta. In questo turbinio di impegni ad alta visibilità, è quasi inevitabile che la radio, primo amore, diventi alla fine un peso. E così Fabio, quest’anno, lascia Deejay: «Era il mio sogno, poi è diventata un dovere. Ho bisogno di lavorare con gente più brava di me. Come diceva Cecchetto, il successo è un lavoro».
I LIMITI Parrebbe quasi un’inedita (per Volo) concessione all’immodestia. Ma l’interessato compensa così: «Sono sempre stato una persona che, se voleva giocare in serie A, si doveva allenare più degli altri. Non sono Maradona, che può permettersi di saltare un allenamento e segnare comunque un gol mitico. Ci provo. Studio, leggo, mi informo, ma poi sono quel che sono. Fin troppo bravo, se penso al punto da cui sono partito».
(TV SORRISI E CANZONI - GENNAIO 2013)
TEMPO DI «DEEJAY» Il Fabio Volo sapiente miscelatore di suggestioni che solleticano (soprattutto) il pubblico femminile, nasce però nel 2000 a Radio Deejay con «Il Volo del mattino». Al programma segue la pubblicazione del primo libro: «Esco a fare due passi» (300 mila copie). Ma questo tipo c’è, o ci fa?, si domandano in molti. Lui, scaltramente, ne esce così: «Quando non mi ricordano che sono un personaggio, sono me stesso. Se si accendono i riflettori, le cose cambiano. Diciamo che sono l’80% personaggio e il 20% persona. E viceversa».
LO SCRITTTORE Al primo exploit letterario, ne seguono altri cinque. L’ultimo, «Le prime luci del mattino», risale al 2011. L’invidia cresce esponenzialmente. «Mi stupirei del contrario: faccio tante cose e mi vanno tutte bene. Ho la terza media, facevo il panettiere. E siccome mi presento come un improvvisato, ciò genera una reazione umana in chi si sbatte da anni senza troppi riscontri». Un’altra shakerata al mix delle sue passioni, Fabio la dà nel 2002, quando Alessandro D’Alatri lo chiama per interpretare il suo primo film: «Casomai».
VOLARE AL CINEMA Ne seguono altri nove, sino a «Il giorno in più» (2011), e in attesa che il 7 febbraio esca nelle sale il nuovo «Studio illegale». La sua ricetta per il grande schermo viaggia in bilico tra la prestazione da attore puro, e l’impiego dei propri libri come ideale canovaccio per dare più credibilità alle storie che interpreta. In questo turbinio di impegni ad alta visibilità, è quasi inevitabile che la radio, primo amore, diventi alla fine un peso. E così Fabio, quest’anno, lascia Deejay: «Era il mio sogno, poi è diventata un dovere. Ho bisogno di lavorare con gente più brava di me. Come diceva Cecchetto, il successo è un lavoro».
I LIMITI Parrebbe quasi un’inedita (per Volo) concessione all’immodestia. Ma l’interessato compensa così: «Sono sempre stato una persona che, se voleva giocare in serie A, si doveva allenare più degli altri. Non sono Maradona, che può permettersi di saltare un allenamento e segnare comunque un gol mitico. Ci provo. Studio, leggo, mi informo, ma poi sono quel che sono. Fin troppo bravo, se penso al punto da cui sono partito».
(TV SORRISI E CANZONI - GENNAIO 2013)