Pierluigi Bersani, Pierferdinando Casini e Nichi Vendola (ovvero Pd, Udc e Sel) danno vita al
«Polo della speranza». Dico, esiste in natura nome più deprimente? Mi
piacerebbe conoscere gli strateghi della comunicazione del
Centrosinistra, per capire di quali sostanze proibite facciano uso. A
sinistra, la vocazione autolesionistica è più che innata, fornita di
serie. D'accordo che le parole per prendere in giro gli elettor
i
sono finite, d'accordo che il low profile marca la differenza con i
demagogici «Forza Italia», «Per fare, per crescere...», e tutti gli
slogan tarocchi del mondo berlusconiano, ma si può partorire un «Polo
della speranza»? Io prima di votare un «Polo della speranza» mi do una
veloce toccatina agli zebedei. Prima di mettere una croce sul simbolo,
mi butto il sale alle spalle. «Polo della speranza» sa così di sfigato,
che le suore vengono immediatamente promosse al rango di porte bonheur.
Peggio: «Polo della speranza» è un nome che si affida non alla volontà,
ma totalmente al fato. Un errore madornale. Comunichi alla gente che -
in fondo - non ci credi neppure tu, a quello che stai facendo.