Sono passati quasi 50 anni da
quando Gigliola Cinquetti, classe 1947 e allora poco più che bambina, vinse
(unica donna in Italia) l’Eurofestival (oggi «Eurovision Song Contest, la cui
serata finale è in programma sabato su Raidue) con la celeberrima «Non ho
l’età». Ma il ricordo è ancora vivissimo, indelebile.
«Era il 21 marzo 1964»
racconta «e mi trovavo a Copenaghen, in Danimarca. Avevo appena vinto Sanremo
con la stessa canzone e partecipavo di diritto. Faceva un freddo incredibile e
c’era la Guardia reale, con quei grandi colletti bianchi, che diventava parte
della scenografia della serata. Non mi sembrò neppure così strano essere lì,
perché dopo Sanremo credevo che tutto o quasi a quel punto mi potesse
succedere».
Una strada segnata…
«All’epoca era tutto più
codificato: appena vincevi Sanremo, c’erano automaticamente una serie di tappe
obbligate. Infatti prima di andare in Danimarca presenziai a una cosa a Parigi
e ne avevo in programma un’altra subito dopo in Germania».
Che ricordo ha di quel
momento?
«Fu una bella esperienza, con
un problema tecnico da risolvere: un’ipotesi di contestazione per la durata del
pezzo, che per regolamento non poteva andare oltre i tre minuti. Il nostro
durava dieci secondi in più, e il direttore d’orchestra lavorò per staccare il
tempo più velocemente e rientrare nel minutaggio. Ricordo che era molto
impensierito per questo, dal momento che tutta la responsabilità ricadeva su di
lui. Alla vittoria provai una grande gioia e al contempo il dispiacere di non
essere a casa con i miei familiari a festeggiare me stessa».
E poi?
«Poi transitai in Germania,
alla tv inglese e a quella spagnola. Entrai nel frullatore per un anno. E nel
’65 nei teatri in Giappone. Terra dove sono poi tornata più volte».
Tornò in gara una seconda volta
nel ‘74, ma senza vincere…
«Sì, ma arrivai seconda dopo
gli Abba… Avevo appena vinto “Canzonissima” (in quel periodo partecipava
all’Eurofestival chi si era aggiudicato questo programma) con “Alle porte del
sole”, e portai un pezzo intitolato “Sì”, con versione anche inglese e tedesca.
Per l’Inghilterra c’era anche Olivia Newton John al suo debutto. Sia lei che
gli Abba li ritrovavo poi puntualmente a ogni ospitata nelle tv europee».
Infine, nel ’91, la
conduzione, in coppia con l’altro vincitore, Toto Cutugno, che se l’era
aggiudicato nel ’90.
«Andò bene, con un grosso
ascolto, ed era complicata la conduzione in un contesto internazionale. In
Italia il management e la Rai hanno sempre fatto il tifo contro gli italiani in
gara, per non avere l’obbligo di farsi carico dell’organizzazione dell’evento
l’anno successivo, in caso di vittoria. È un peccato che da noi l’Eurofestival
sia così sottovalutato o di nicchia, perché nei Paesi del Nord Europa e
dell’Est è qualcosa di veramente importante. Del resto noi abbiamo sempre avuto
Sanremo a schiacciare tutto il resto».
Per l’Italia quest’anno a
Baku, in Azerbaijian, partecipa Nina Zilli. La conosce?
«Le faccio i miei migliori
auguri. L’ho vista a Sanremo e mi sembra interessante».
(TV SORRISI E CANZONI - MAGGIO 2012)