Giancarlo Magalli, lei il 18 maggio torna su Raiuno con un nuovo game show: «Mi gioco la nonna». Visto com’è messo il Paese, ha pensato che sacrificarla fosse l’unica soluzione?
«Guardi che nonna non ci lascia le penne... Anzi, è una risorsa quando sei in difficoltà (come oggi accade anche nell’economia domestica delle giovani coppie), un jolly da giocare in emergenza per le due famiglie-squadre che si scontrano in prove atletiche e di abilità. Ma non le appenderemo al soffitto, tranquilli. Saranno sedute».
È un format tedesco: «Family Showdown»…
«Non mi pare vero di andare in onda con un programma dove non ci siano gare di ballo, cuochi, canzoni Anni 60 e tre giudici famosi. Infatti andrà malissimo…».
Non dica così… L’avete modificato parecchio, pare.
«Per forza, era freddo: quello tedesco è brutto, con il conduttore ingessato, sembra un cameriere. E c’è troppo antagonismo, quasi non si parlano».
Capito, sarete tarallucci e vino. Soluzione all’italiana.
«Saremo più caldi. L’errore dei format è non adattarli. Anche cose comprate in Francia o Spagna, Paesi che si ritengono a noi più vicini, possono non funzionare. Hanno gusti televisivi molto diversi».
Questa della nonna come jolly, mi ricorda molto «Giochi senza frontiere»…
«Ne fui l’organizzatore fra il ’70 e il ’74. Ogni 15 giorni diretta da uno dei Paesi coinvolti. Una cosa monstre. Facevamo 100 milioni di spettatori a puntata. In sette puntate più la finale, un miliardo di persone. Quando sento la sigla dell’Eurovisione, mi si gela ancora il sangue».
È al suo ritorno su Raiuno in prima serata dopo 13 anni, come ha scritto qualcuno. Come la vogliamo chiamare: colossale svista?
«In realtà sono otto-nove, e qualche prima serata sporadica in giro l’ho fatta. Iniziò tutto quando arrivò Fabrizio Del Noce a Raiuno. Fece il repulisti: io, Baudo, Carrà, Frizzi. Fabrizio si riprese per il rotto della cuffia, alla fine, con “Soliti ignoti”, e Raffaella manca ancora. Un’ecatombe. Così mi sono rifugiato su Raidue all’ora di pranzo».
Del Noce voleva rinnovare la rete?
«Non me lo spiego: eravamo anche amici, prima. Ma quando diventò direttore, cambiò faccia».
E dire che lei ha il physique da Raiuno… Come Gerry Scotti l’ha da Canale 5. Ha notato che le taglie forti sono più adatte alle reti ammiraglie?
«Ma sa che lo penso anch’io? Conosco e stimo Gerry, e mi sono sempre considerato lo Scotti della Rai. Poi sono arrivati i Max Giusti, i Pupo… Gente che va anche bene, ma non è in grado di coprire quelle fasce. Conti funziona, lui sì. Io avrei dovuto sostituire Bonolis ad “Affari tuoi” quando passò a Mediaset, ma poi arrivò…».
Non me lo dica: Del Noce.
«Sì, e ci mise Pupo».
Non farà anche lei come ogni conduttore che si rispetti, che prima o poi cade nella trappola di ritenersi più importante del format?
«Macché. Sono in onda da 20 anni per 180 giorni l’anno. Figurarsi se posso sostenere che la gente è in crisi d’astinenza da Magalli».
Le grosse reti sono quelle che patiscono di più l’attuale frammentazione degli ascolti.
«Lo zoccolo duro non esiste più: al massimo è una ciabatta. Una volta, qualsiasi cosa tu mandassi in onda su Raiuno non facevi meno del 18-20% di share. Oggi si arriva tranquillamente al 12-13%. La gente sceglie, e ci sono centinaia di canali».
Anni fa Pippo Baudo disse che «La Rai è un jet pilotato da boy scout». Lei come la pensa?
«Oggi è pilotato da gente più compentente, ma manca la benzina. Il risultato finale per il viaggiatore rischia di essere lo stesso».
Dica la verità: lei si è dato una grossa calmata.
«In che senso?»
Prima nelle interviste aveva la classica «parola buona» per tutti. Ora sembra che si autocensuri.
«Non mi autocensuro. Se ho qualcosa da dire la dico, da sempre. Come fanno quelli come me, senza raccomandazioni né padrini. Difendo il mio lavoro. Solo, sono più cauto con certi giornali, tipo uno che mi ha intervistato di recente, e che non mi beccherà mai più».
Che cos’ha combinato?
«Intervista di un’ora durante la quale parlo di: vita, carriera, lavoro, famiglia, colleghi che apprezzo, qualsiasi cosa, e alla fine due timide considerazioni critiche sul “Grande Fratello”, Pupo ed Enrico Papi. Tutto il resto sparisce. Titolo: “Magalli spara a zero su Pupo, Papi e Marcuzzi”. Manco l’avevo citata».
Le belle ragazze che sono con lei in questo show, Debora Salvalaggio ed Elisa Silvestrin, sono state scelte con criteri da Prima Repubblica, Seconda o Governo tecnico?
«Mi sa che i criteri erano gli stessi anche in monarchia… Loro parlano. Non vallette, ma inviate. Il loro compito è svegliare alle sei di mattina le famiglie sfidanti per portarle a Roma, in studio».
È finito il tempo dei reality, o avranno ancora buon gioco?
«La struttura è sempre la stessa: nominations, confessionali… Hanno un po’ stancato. “L’isola” regge ancora, ma anche lì, alcuni sono al secondo-terzo passaggio. Non sanno più chi chiamare. E il “Grande Fratello” è pieno di coatti terrificanti che vanno in scena sapendo già che cosa succederà loro. Pensare che il GF, l’ho amato tanto...».
All’inizio?
«La prima edizione. Conoscevo il regista e andavo estasiato a Cinecittà a guardarmeli nell’acquario, dietro i vetri. Straordinario. C’era anche Taricone, poi l’ho conosciuto. E quella siciliana, Anna La Rosa…».
Guardi che è Marina…
«Ah sì, scusi… Marina La Rosa. Anna è quella che fa “TeleCamere”. Andrebbe bene per “L’isola dei famosi”…».
Sanremo 2013. Avremo un Gianni Morandi tris, Carlo Conti o Massimo Ranieri?
«Morandi credo si sia intelligentemente chiamato fuori, per evitare il baratro. Conti di musica ne sa, e con buoni autori potrebbe funzionare anche Ranieri. Che è il personaggio che forse desterebbe maggiore curiosità».
A lei lo proporrebbero mai?
«Me lo propose il comune, anni fa. E la Rai avrebbe accettato. Ma si misero di traverso i discografici, che temevano il mio sense of humour. Della serie: “Abbiamo speso milioni per lanciare un tipo, poi arriva lui e con una battuta…”. Fui stoppato. Sanremo è un posto allucinante dove l’ironia non ha cittadinanza. Panariello si censurava, e il povero Vianello fu querelato da una cantante perché ammiccò blandamente a una canzone simile a quella che questa tizia aveva cantato l’anno precedente. Lo sa come funziona Sanremo?».
No, come funziona?
«Se lo fai bene, non se ne accorge nessuno. Se è un flop, te lo rinfacciano per tutta la vita».
´TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2012)
«Guardi che nonna non ci lascia le penne... Anzi, è una risorsa quando sei in difficoltà (come oggi accade anche nell’economia domestica delle giovani coppie), un jolly da giocare in emergenza per le due famiglie-squadre che si scontrano in prove atletiche e di abilità. Ma non le appenderemo al soffitto, tranquilli. Saranno sedute».
È un format tedesco: «Family Showdown»…
«Non mi pare vero di andare in onda con un programma dove non ci siano gare di ballo, cuochi, canzoni Anni 60 e tre giudici famosi. Infatti andrà malissimo…».
Non dica così… L’avete modificato parecchio, pare.
«Per forza, era freddo: quello tedesco è brutto, con il conduttore ingessato, sembra un cameriere. E c’è troppo antagonismo, quasi non si parlano».
Capito, sarete tarallucci e vino. Soluzione all’italiana.
«Saremo più caldi. L’errore dei format è non adattarli. Anche cose comprate in Francia o Spagna, Paesi che si ritengono a noi più vicini, possono non funzionare. Hanno gusti televisivi molto diversi».
Questa della nonna come jolly, mi ricorda molto «Giochi senza frontiere»…
«Ne fui l’organizzatore fra il ’70 e il ’74. Ogni 15 giorni diretta da uno dei Paesi coinvolti. Una cosa monstre. Facevamo 100 milioni di spettatori a puntata. In sette puntate più la finale, un miliardo di persone. Quando sento la sigla dell’Eurovisione, mi si gela ancora il sangue».
È al suo ritorno su Raiuno in prima serata dopo 13 anni, come ha scritto qualcuno. Come la vogliamo chiamare: colossale svista?
«In realtà sono otto-nove, e qualche prima serata sporadica in giro l’ho fatta. Iniziò tutto quando arrivò Fabrizio Del Noce a Raiuno. Fece il repulisti: io, Baudo, Carrà, Frizzi. Fabrizio si riprese per il rotto della cuffia, alla fine, con “Soliti ignoti”, e Raffaella manca ancora. Un’ecatombe. Così mi sono rifugiato su Raidue all’ora di pranzo».
Del Noce voleva rinnovare la rete?
«Non me lo spiego: eravamo anche amici, prima. Ma quando diventò direttore, cambiò faccia».
E dire che lei ha il physique da Raiuno… Come Gerry Scotti l’ha da Canale 5. Ha notato che le taglie forti sono più adatte alle reti ammiraglie?
«Ma sa che lo penso anch’io? Conosco e stimo Gerry, e mi sono sempre considerato lo Scotti della Rai. Poi sono arrivati i Max Giusti, i Pupo… Gente che va anche bene, ma non è in grado di coprire quelle fasce. Conti funziona, lui sì. Io avrei dovuto sostituire Bonolis ad “Affari tuoi” quando passò a Mediaset, ma poi arrivò…».
Non me lo dica: Del Noce.
«Sì, e ci mise Pupo».
Non farà anche lei come ogni conduttore che si rispetti, che prima o poi cade nella trappola di ritenersi più importante del format?
«Macché. Sono in onda da 20 anni per 180 giorni l’anno. Figurarsi se posso sostenere che la gente è in crisi d’astinenza da Magalli».
Le grosse reti sono quelle che patiscono di più l’attuale frammentazione degli ascolti.
«Lo zoccolo duro non esiste più: al massimo è una ciabatta. Una volta, qualsiasi cosa tu mandassi in onda su Raiuno non facevi meno del 18-20% di share. Oggi si arriva tranquillamente al 12-13%. La gente sceglie, e ci sono centinaia di canali».
Anni fa Pippo Baudo disse che «La Rai è un jet pilotato da boy scout». Lei come la pensa?
«Oggi è pilotato da gente più compentente, ma manca la benzina. Il risultato finale per il viaggiatore rischia di essere lo stesso».
Dica la verità: lei si è dato una grossa calmata.
«In che senso?»
Prima nelle interviste aveva la classica «parola buona» per tutti. Ora sembra che si autocensuri.
«Non mi autocensuro. Se ho qualcosa da dire la dico, da sempre. Come fanno quelli come me, senza raccomandazioni né padrini. Difendo il mio lavoro. Solo, sono più cauto con certi giornali, tipo uno che mi ha intervistato di recente, e che non mi beccherà mai più».
Che cos’ha combinato?
«Intervista di un’ora durante la quale parlo di: vita, carriera, lavoro, famiglia, colleghi che apprezzo, qualsiasi cosa, e alla fine due timide considerazioni critiche sul “Grande Fratello”, Pupo ed Enrico Papi. Tutto il resto sparisce. Titolo: “Magalli spara a zero su Pupo, Papi e Marcuzzi”. Manco l’avevo citata».
Le belle ragazze che sono con lei in questo show, Debora Salvalaggio ed Elisa Silvestrin, sono state scelte con criteri da Prima Repubblica, Seconda o Governo tecnico?
«Mi sa che i criteri erano gli stessi anche in monarchia… Loro parlano. Non vallette, ma inviate. Il loro compito è svegliare alle sei di mattina le famiglie sfidanti per portarle a Roma, in studio».
È finito il tempo dei reality, o avranno ancora buon gioco?
«La struttura è sempre la stessa: nominations, confessionali… Hanno un po’ stancato. “L’isola” regge ancora, ma anche lì, alcuni sono al secondo-terzo passaggio. Non sanno più chi chiamare. E il “Grande Fratello” è pieno di coatti terrificanti che vanno in scena sapendo già che cosa succederà loro. Pensare che il GF, l’ho amato tanto...».
All’inizio?
«La prima edizione. Conoscevo il regista e andavo estasiato a Cinecittà a guardarmeli nell’acquario, dietro i vetri. Straordinario. C’era anche Taricone, poi l’ho conosciuto. E quella siciliana, Anna La Rosa…».
Guardi che è Marina…
«Ah sì, scusi… Marina La Rosa. Anna è quella che fa “TeleCamere”. Andrebbe bene per “L’isola dei famosi”…».
Sanremo 2013. Avremo un Gianni Morandi tris, Carlo Conti o Massimo Ranieri?
«Morandi credo si sia intelligentemente chiamato fuori, per evitare il baratro. Conti di musica ne sa, e con buoni autori potrebbe funzionare anche Ranieri. Che è il personaggio che forse desterebbe maggiore curiosità».
A lei lo proporrebbero mai?
«Me lo propose il comune, anni fa. E la Rai avrebbe accettato. Ma si misero di traverso i discografici, che temevano il mio sense of humour. Della serie: “Abbiamo speso milioni per lanciare un tipo, poi arriva lui e con una battuta…”. Fui stoppato. Sanremo è un posto allucinante dove l’ironia non ha cittadinanza. Panariello si censurava, e il povero Vianello fu querelato da una cantante perché ammiccò blandamente a una canzone simile a quella che questa tizia aveva cantato l’anno precedente. Lo sa come funziona Sanremo?».
No, come funziona?
«Se lo fai bene, non se ne accorge nessuno. Se è un flop, te lo rinfacciano per tutta la vita».
´TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2012)