Lo spauracchio Beppe Grillo inizia ad agitare non poco i santuari della politica politicante, che sentono sul collo il fiato del comico savonarola e l'odio sempre più palpabile della popolazione nei confronti di una classe dirigente che ha portato il Paese allo sfascio e che - in compenso - si ritrova le tasche e la pancia magicamente piene.
Per questo sui giornali, più o meno di regime (ora viviamo in uno stato di commissariamento para-bancario), si moltiplicano gli allerta sul fenomeno Grillo. Il guru dell'antipolitica, il demagogo (come l'ha indirettamente definito il Presidente Napolitano, perdendo una buona occasione per non intromettersi, visto che il suo dovrebbe essere solo un ruolo di garanzia) fa paura a tanti. Compreso Di Pietro, che vive dello stesso voto motivato in gran parte dalla protesta. Intendiamoci, molti rilievi che fanno gli anti-grillini stanno in piedi: il Movimento 5 stelle si alimenta dell'immagine di una sola figura carismatica ed è verticistico, fondamentalmente autoritario. L'Italia ha sempre avuto bisogno dell'uomo apparentemente forte, si chiami Mussolini, Bossi o Berlusconi, poco importa, e questo è un limite non da poco del progetto.
Però ha una base composta da gente nuova, non (ancora) compromessa, che si è data regole statutarie precise, come la messa al bando degli inquisiti e la decadenza dei mandati dopo la seconda legislatura. Perché la contiguità col potere genera alla lunga, fisiologicamente, corruzione. E non è poca cosa.
Ciò che non sta in piedi dell'anti-grillismo, sono soprattutto i pulpiti politici - che definire «sputtanati» è dir poco - dai quali spesso proviene la predica. Tanto a destra, quanto a sinistra, la casta ha dato negli ultimi 20-30 anni uno spettacolo indecoroso di se stessa. Vuoi per malaffare, vuoi per inconcludenza. Sarà anche qualunquismo dirlo, ma è un dato di fatto. Inutile quindi che si spaventi per un Grillo e che ne stigmatizzi i toni. Dovrebbe contestarne, al limite, la scarsa propensione al confronto. Beppe è uomo di palcoscenico, studia un testo e poi lo restituisce rimasticato sotto forma di comizio. La dimensione del dialogo non gli appartiene e del resto sulla delegittimazione della politica ha costruito un piccolo impero.
Il voto a Grillo non sarà certo risolutivo per il Paese, non illudiamoci. Ma sarà un segnale forte, fortissimo (più dell'astensione, più delle schede annullate) per la vecchia classe politica. Ovvero la quasi totalità dell'emiciclo di Montecitorio. È ora che si facciano definitivamente da parte con le loro ruberie e le commedie a favore di telecamera. Se dobbiamo affidarci a qualche commediante (e ai suoi discepoli), che almeno sia il migliore sulla piazza.
Per questo sui giornali, più o meno di regime (ora viviamo in uno stato di commissariamento para-bancario), si moltiplicano gli allerta sul fenomeno Grillo. Il guru dell'antipolitica, il demagogo (come l'ha indirettamente definito il Presidente Napolitano, perdendo una buona occasione per non intromettersi, visto che il suo dovrebbe essere solo un ruolo di garanzia) fa paura a tanti. Compreso Di Pietro, che vive dello stesso voto motivato in gran parte dalla protesta. Intendiamoci, molti rilievi che fanno gli anti-grillini stanno in piedi: il Movimento 5 stelle si alimenta dell'immagine di una sola figura carismatica ed è verticistico, fondamentalmente autoritario. L'Italia ha sempre avuto bisogno dell'uomo apparentemente forte, si chiami Mussolini, Bossi o Berlusconi, poco importa, e questo è un limite non da poco del progetto.
Però ha una base composta da gente nuova, non (ancora) compromessa, che si è data regole statutarie precise, come la messa al bando degli inquisiti e la decadenza dei mandati dopo la seconda legislatura. Perché la contiguità col potere genera alla lunga, fisiologicamente, corruzione. E non è poca cosa.
Ciò che non sta in piedi dell'anti-grillismo, sono soprattutto i pulpiti politici - che definire «sputtanati» è dir poco - dai quali spesso proviene la predica. Tanto a destra, quanto a sinistra, la casta ha dato negli ultimi 20-30 anni uno spettacolo indecoroso di se stessa. Vuoi per malaffare, vuoi per inconcludenza. Sarà anche qualunquismo dirlo, ma è un dato di fatto. Inutile quindi che si spaventi per un Grillo e che ne stigmatizzi i toni. Dovrebbe contestarne, al limite, la scarsa propensione al confronto. Beppe è uomo di palcoscenico, studia un testo e poi lo restituisce rimasticato sotto forma di comizio. La dimensione del dialogo non gli appartiene e del resto sulla delegittimazione della politica ha costruito un piccolo impero.
Il voto a Grillo non sarà certo risolutivo per il Paese, non illudiamoci. Ma sarà un segnale forte, fortissimo (più dell'astensione, più delle schede annullate) per la vecchia classe politica. Ovvero la quasi totalità dell'emiciclo di Montecitorio. È ora che si facciano definitivamente da parte con le loro ruberie e le commedie a favore di telecamera. Se dobbiamo affidarci a qualche commediante (e ai suoi discepoli), che almeno sia il migliore sulla piazza.