«Sono i danni dell’ego, i
danni dell’ego…». Lo ripete più volte, come un mantra, Katia Follesa, ex
dell’apprezzato duo di cabaret Katia e Valeria. Più che polemica, in lei (oltre
alla determinazione) si legge un dispiacere quasi metabolizzato. Davanti a cappuccino
e brioche in una pasticceria del centro di Milano, parla del suo essere ormai
artisticamente single. O quasi. «Lo vede quel negozio? Lì feci la commessa da
ragazza. Ma sono stata anche receptionist in un albergo. Tutto, sempre, per
pagarmi gli studi e la scuola di recitazione e cabaret di notte».
E ora Katia, che cosa fa,
balla da sola?
«Sì, ho tanta voglia di
farlo: valzer, samba, tango argentino. Tutto. Feci persino un corso di liscio,
una volta…».
Lei scherza, ma se in giro
dico Katia e Valeria, un po’ tutti sanno di chi sto parlando. Se dico Katia
Follesa, molti mi rispondono: «E chi è?»…
«Era vero fino a qualche
tempo fa. Ora mi accorgo sempre più che sto entrando nella testa della gente.
Del resto, un po’ di cose da sola ormai le ho fatte, e lavoro con Ale e Franz
da quattro anni».
«Tanti. Soprattutto se si ha
un ego molto forte, come è capitato a me e Valeria. Quando si inizia ad andare
una da una parte, e una dall’altra, diventa molto difficile gestire la
situazione. E agli occhi di chi ti guarda, devi comunque dare l’impressione di
essere sempre d’accordo».
E voi non lo eravate…
«Katia ha sempre voluto fare
anche fiction, e ultimamente la sua carriera ha preso un’altra strada. Non ci
siamo separate ufficialmente, ma in modo naturale, anche perché ormai lei vive
a Roma e io a Milano. Ci vedevamo già poco, e negli ultimi tempi quasi mai.
Come possono nascere spunti creativi comuni?».
Con personaggi come le
miss rintronate e Katiana e Valeriana di «Uomini e donne» avevate capitalizzato
molta popolarità…
«Per questo dico che avremmo
potuto fare ancora un po’ di cose buone, insieme. Era un momento da sfruttare
ancora, ma è andata così. E non puoi neppure dire: lo faremo, magari, un
domani, perché quel treno potrebbe non passare più».
Intanto passa da un doppio
ruolo nel «Sogno di una notte di mezza estate» a una partecipazione in
«Benvenuti al Nord»…
«A teatro posso cambiare più
registri. Nel film faccio una tassista milanese che va a prelevare la famiglia
di Siani in Stazione centrale. Può immaginare gli equivoci».
Perché non ha ancora ripreso «Zelig»?
«Con il mio compagno, Angelo, abbiamo proposto due personaggi nuovi. Sono piaciuti molto, ma vanno definiti meglio. Vorremmo perfezionarli e proporli per le puntate finali o la prossima stagione. Intanto Angelo con i Pali e Dispari porta in scena due qualunquisti che parlano solo per sentito dire».
A casa fate a gara a chi
la spara più grossa, o cala il silenzio?
«Siamo comici anche nella
vita, e da quando c’è nostra figlia Agata, ancora di più. Ci facciamo più seri
solo quando bisogna darle le regole. Lei intanto sta già imparando come
riuscire a far ridere. Presto con Angelo faremo il controcanto umoristico nel
nuovo programma di Camila Raznovich su La7, “Mamma mia che domenica”,
dedicato proprio al rapporto genitori-figli».
Che cosa fa nel tempo
libero?
«Un po’ di palestra per la
forma, leggo poco e ascolto musica: se un pezzo mi piace lo rimetto sull’iPod
anche 10 volte di seguito. E poi con Angelo amiamo il vintage: giriamo per
mercatini a caccia di vestiti e oggetti».
Qual è il comico che la fa
più ridere, in Italia? Una classifica con tre nomi.
«Mi piace il
demenzial-surreale. Al primo posto metto i Pali e dispari. Al secondo Antonio
Albanese, e al terzo Alessandro Betti, che ha fatto “Buona la prima” con me e
Ale e Franz».
E tra le donne?
«Al terzo Cinzia Marseglia,
al secondo Debora Villa, e al primo due: Geppi Cucciari e Katia Follesa».
Praticamente, lei e il suo
compagno sareste i migliori in assoluto. C’è modestia…
«Mi ha chiesto sincerità… E
poi gliel’ho già detto, c’è sempre di mezzo l’ego».
Qual è il limite artistico
delle cabarettiste?
«Spesso nei monologhi
parliamo troppo di uomini. Questo, automaticamente, ci limita e ci ghettizza. È
una scorciatoia, ma sappiamo anche fare altro».
Quando sente di avercela
fatta, a chi ripensa?
«A un tizio dell’Agenzia di
spettacolo Marelli, al quale mi presentai agli inizi, piena di speranze, e mi
mise alla porta dicendo che mi trovava inadatta per fare questo lavoro. Non ho
desistito, e ora gli dedico quest’intervista».
(TV SORRISI E CANZONI - FEBBRAIO 2012)