domenica 29 gennaio 2012

«A.C.A.B (ACAB) ALL COPS ARE BASTARDS» * BUONO IL «ROMANZO CRIMINALE» POLIZIOTTESCO, MA QUEL FINALE...

Roma. Nel VII Nucleo di Polizia militano i celerini massici e incazzati Cobra (Pierfrancesco Favino, nella foto), Mazinga (Marco Giallini) e Negro (Flippo Nigro). Il primo è un fascistoide naturalmente violento, che sfoga volentieri le proprie frustrazioni usando il manganello; il secondo ha un figlio minorenne che lo odia e frequenta i centri sociali pogando la sua rabbia; il terzo, dopo incauto matrimonio con ballerina cubana e relativa separazione a stretto giro di posta, ha perso la casa, e deve versarle 500 euro al mese per il mantenimento la figlia, che a stento riesce a vedere. Dei tre, a occhio sembra quello messo peggio. Eppure tutti hanno una macchia nel loro passato: facevano parte del gruppo che nel 2001 a Genova organizzò la "macelleria messicana" alla Diaz, durante il G8.
Forza ragazzi, armiamoci e partiamo, che anche oggi si va sprangare qualche teppista allo stadio, a far sgombrare un campo nomadi, oppure a eseguire controvoglia qualche sfratto. Dobbiamo fare squadra, sennò qui ci ammazzano, anche perché per reagire la legge ci imporrebbe di aspettare l'aggressione conclamata. E così non va. Il cuore batte a mille e l'adrenalina picchia in testa quando ti trovi sotto una sassaiola. Ogni tanto devi farti giustizia da solo.
I casini iniziano quando nel gruppo arriva un giovane (Domenico Diele), duro e puro, che ha scelto di diventare celerino per trovarsi un lavoro onesto discretamente pagato. Il pischello deve condividere la nostra filosofia border line, altrimenti...

Girando il suo "Romanzo criminale" in salsa poliottesca (il bravo Favino non è nient'altro che un Libanese che veste la divisa), Stefano Sollima centra l'obiettivo: apparentemente non dà giudizi; piuttosto, fotografa in modo esemplare un mondo fatto di mille chiaroscuri e di violenza incontenibile e catartica. Dove buoni e cattivi non sono mai perfettamente identificabili. E dove ognuno ha ragioni che il cuore spesso comprende ma che viaggiano sempre tre metri sopra il cielo plumbeo della legalità. Non c'è buonismo, ma solo realismo. E una regia livida, asciutta, efficace. Peccato soltanto per quel finale certo intuibile ma sospeso. Una sottrazione che non si capisce se sia dettata da una scelta stilistica o di mercato, preparando furbescamente la strada per un secondo capitolo. Più probabile la seconda... VOTO: 7/8.

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