Se uno fa il 50,23% di share (in soldoni significa che la metà dei televisori accesi guarda il tuo programma) rastrellando 13.401.000 telespettatori, secondo la logica televisiva, ha ragione. Da vendere e persino da affittare. Non ci sono se e non ci sono ma. Non c'è spazio per mezze critiche, pignolerie, pedanterie. Devi solo stare muto a contemplare la meraviglia, possibilmente con un paio di elettrodi attaccati agli zebedei. E comunque, vista la schifezza che passa il convento televisivo, un varietà come «Il più grande spettacolo dopo il weekend» dovrebbe finire come minimo nell'oasi ecologica Plasmon. Con Fiorello portato in adorazione tra i succhi di frutta biologici come la Madonna del divino amore.
Detto questo - che non si può non dire - ora faccio lo stronzetto per puntualizzare alcune cose.
1) Nessuno mi toglie dalla testa che in queste quattro settimane, Fiore sia stato svogliato, pacato ma assente. Imbrigliato in uno show molto provato ma con poca anima. Briosa la prima puntata, noiose o appena passabili le restanti tre. Con buona pace di Bruno Vespa, che ha campato di rendita replicandole dieci minuti dopo nel suo «Porta a porta». Uno tra gli spettacoli più indecorosi (questo sì) della tv degli ultimi anni.
2) I testi. Perché Fiore aveva monologhi così deboli? La squadra autorale era la stessa di «Stasera pago io», che pure era qualche spanna sopra per freschezza e piacevolezza rispetto a quest'altro kolossal del varietà. Serializzare la gag (a qualcuno fa veramente ridere?) di Edward di Twilight o le storielle papà vs. pischello è una trovata da numero uno, o piuttosto un modo per portare a casa la pagnotta restando al minimo sindacale dell'umorismo?
3) Roberto Benigni (che ieri era piuttosto appannato, nel collasso post berlusconiano dei comici) per il motivo di cui sopra si è persino divertito a prenderlo in giro. Un Fiore in evidente disagio. Ma poi il toscanaccio è finito col mettere in scena la storica «Inno del corpo sciolto» (1979). All'epoca, una sassata che spacca il vetro. Ieri sera, solo il pretesto per dire «merda» su Raiuno in prima serata. Checco Zalone al confronto è Oscar Wilde.
4) Come mai, partendo da queste basi, Fiorello ha macinato ogni settimana fra il 40 e il 50% di share? È difficile spiegarlo. Ci provo, semplificando: se in un Paese sei sotto il livello di galleggiamento della cacca (televisivamente e no), anche solo uscire un secondo con la testa per respirare aria pulita, ti sembra - ed è - decisamente un passo avanti. E Fiore è la rassicurante tazza di camomilla che serviva all'Italia in questo momento. Peccato solo per il blando effetto soporifero, che non giova allo spettacolo. Eppure lo stesso lavoro portato in scena da Giorgio Panariello (per dire un nome a caso) sarebbe stato un flop. Il miracolo Rosario ne ha fatto un trionfo.
5) Ok, ora mi attacco gli elettrodi, ammutolisco (se riesco, per via del dolore) e contemplo estasiato - come tutti - il 50,23% del 2011. Ottima annata.
Detto questo - che non si può non dire - ora faccio lo stronzetto per puntualizzare alcune cose.
1) Nessuno mi toglie dalla testa che in queste quattro settimane, Fiore sia stato svogliato, pacato ma assente. Imbrigliato in uno show molto provato ma con poca anima. Briosa la prima puntata, noiose o appena passabili le restanti tre. Con buona pace di Bruno Vespa, che ha campato di rendita replicandole dieci minuti dopo nel suo «Porta a porta». Uno tra gli spettacoli più indecorosi (questo sì) della tv degli ultimi anni.
2) I testi. Perché Fiore aveva monologhi così deboli? La squadra autorale era la stessa di «Stasera pago io», che pure era qualche spanna sopra per freschezza e piacevolezza rispetto a quest'altro kolossal del varietà. Serializzare la gag (a qualcuno fa veramente ridere?) di Edward di Twilight o le storielle papà vs. pischello è una trovata da numero uno, o piuttosto un modo per portare a casa la pagnotta restando al minimo sindacale dell'umorismo?
3) Roberto Benigni (che ieri era piuttosto appannato, nel collasso post berlusconiano dei comici) per il motivo di cui sopra si è persino divertito a prenderlo in giro. Un Fiore in evidente disagio. Ma poi il toscanaccio è finito col mettere in scena la storica «Inno del corpo sciolto» (1979). All'epoca, una sassata che spacca il vetro. Ieri sera, solo il pretesto per dire «merda» su Raiuno in prima serata. Checco Zalone al confronto è Oscar Wilde.
4) Come mai, partendo da queste basi, Fiorello ha macinato ogni settimana fra il 40 e il 50% di share? È difficile spiegarlo. Ci provo, semplificando: se in un Paese sei sotto il livello di galleggiamento della cacca (televisivamente e no), anche solo uscire un secondo con la testa per respirare aria pulita, ti sembra - ed è - decisamente un passo avanti. E Fiore è la rassicurante tazza di camomilla che serviva all'Italia in questo momento. Peccato solo per il blando effetto soporifero, che non giova allo spettacolo. Eppure lo stesso lavoro portato in scena da Giorgio Panariello (per dire un nome a caso) sarebbe stato un flop. Il miracolo Rosario ne ha fatto un trionfo.
5) Ok, ora mi attacco gli elettrodi, ammutolisco (se riesco, per via del dolore) e contemplo estasiato - come tutti - il 50,23% del 2011. Ottima annata.