Fiorello arriva in emergenza, sulle macerie di una tv (e di una Rai) sempre più triste e agonizzante, e ovviamente fa sfracelli: 9.796.000 spettatori con il 39,18% di share. Facile, dirà qualcuno. Mica tanto, oggi come oggi, con gli ascolti sempre più frammentati, con il pubblico in fuga verso mille piattaforme, con un Paese che a colpi di reality di/per cerebrolesi ha perso fiducia nel mezzo. Come Mario Monti (vedremo se il tecnico porterà a casa gli stessi risultati dello showman) prende in mano la patata bollente del Paese televisivo. E ridà - come sempre - spolvero al varietà. Col suo immane talento, rimette in riga tutti. E regala non le lacrime e sangue che ci aspettano, ma risate e sudore.
Non c'è niente di così nuovo ne «Il più grande spettacolo dopo il weekend», ma da sempre è proprio questo il segreto della formula fiorelliana, che punta sul recupero del vecchio varietà alla Milleluci, su alcuni numeri da manuale (le interazioni canore con Giorgia e Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, un Julio Iglesias in chiave operistica), su uno studio che più bello non si può.
C'è qualche sbavatura sui testi (un monologo fiacco e vecchiotto sul rapporto genitori-figli), la continua citazione del mondo di Twitter per modernizzare vagamente qualcosa che moderno non è; andare a nero con le imitazioni del Presidente Lorenza Lei, che nessuno conosce. Perché gli oscuri funzionari vogliono esserci alle prime che contano, sempre. Possibilmente in prima fila, per marcare il territorio. E se non ci sono vanno omaggiati. Ma sono quisquilie. In video passa talmente tanta spazzatura, che quando arriva qualcosa del genere, non si può fare altro che togliersi il cappello. Fiorello, ancora una volta, rules.
Non c'è niente di così nuovo ne «Il più grande spettacolo dopo il weekend», ma da sempre è proprio questo il segreto della formula fiorelliana, che punta sul recupero del vecchio varietà alla Milleluci, su alcuni numeri da manuale (le interazioni canore con Giorgia e Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, un Julio Iglesias in chiave operistica), su uno studio che più bello non si può.
C'è qualche sbavatura sui testi (un monologo fiacco e vecchiotto sul rapporto genitori-figli), la continua citazione del mondo di Twitter per modernizzare vagamente qualcosa che moderno non è; andare a nero con le imitazioni del Presidente Lorenza Lei, che nessuno conosce. Perché gli oscuri funzionari vogliono esserci alle prime che contano, sempre. Possibilmente in prima fila, per marcare il territorio. E se non ci sono vanno omaggiati. Ma sono quisquilie. In video passa talmente tanta spazzatura, che quando arriva qualcosa del genere, non si può fare altro che togliersi il cappello. Fiorello, ancora una volta, rules.