La morte di Steve Jobs ha messo meritatamente in ombra, ieri, il debutto su Italia 1 de «Le iene show» in versione Brignano-Argentero-Ilary Blasi.
Il programma funziona da sé, non è questo il punto. Non sono fegatelli da studio o presentazioni più o meno brillanti di nuovo conio a cambiarne il risultato sul piano dell'audience. Queste ultime incidono piuttosto - e negativamente - sul ritmo complessivo, anche se la formula continua a funzionare. Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, che ormai non ne potevano più della routine di Cologno Monzese, avevano però il pregio di essere un ingrediente collaudato; di garantire un cazzeggio apparentemente più spontaneo. Luca Argentero ed Enrico Brignano sono una forzatura. Il primo, bello ma troppo ingessato. Il secondo, inutile come tutti i comici che non fanno ridere. Inutile eppure onnipresente. Brignano è ovunque, maschera di una romanità stantìa che non ha mai poggiato (a prescindere da questo contesto) su buoni testi. Qualunque tassista romano è infinitamente più divertente di Brignano. Qualsiasi edicolante (vedi quello di Fiorello che rimbalza su Twitter) pescato nella Capitale ha più chances di strappare una risata. O almeno le stesse. Eppure il miracolo Brignano in tv continua. Così come quello di Pino Insegno, piacevole come uno sfratto esecutivo e alle prese con i guai di «Me lo dicono tutti».
Devo invece ricredermi sulla non-scenografia de «Le iene», giocata sul bianco, mantenuta dallo scorso anno. Mi sembrò una pessima idea, invece - a posteriori, col conforto dell'abitudine - va riconosciuto a Davide Parenti e soci di aver fatto una scelta di classe. Che a colpo rende unico il programma. A letto i fotofobici.
Il programma funziona da sé, non è questo il punto. Non sono fegatelli da studio o presentazioni più o meno brillanti di nuovo conio a cambiarne il risultato sul piano dell'audience. Queste ultime incidono piuttosto - e negativamente - sul ritmo complessivo, anche se la formula continua a funzionare. Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, che ormai non ne potevano più della routine di Cologno Monzese, avevano però il pregio di essere un ingrediente collaudato; di garantire un cazzeggio apparentemente più spontaneo. Luca Argentero ed Enrico Brignano sono una forzatura. Il primo, bello ma troppo ingessato. Il secondo, inutile come tutti i comici che non fanno ridere. Inutile eppure onnipresente. Brignano è ovunque, maschera di una romanità stantìa che non ha mai poggiato (a prescindere da questo contesto) su buoni testi. Qualunque tassista romano è infinitamente più divertente di Brignano. Qualsiasi edicolante (vedi quello di Fiorello che rimbalza su Twitter) pescato nella Capitale ha più chances di strappare una risata. O almeno le stesse. Eppure il miracolo Brignano in tv continua. Così come quello di Pino Insegno, piacevole come uno sfratto esecutivo e alle prese con i guai di «Me lo dicono tutti».
Devo invece ricredermi sulla non-scenografia de «Le iene», giocata sul bianco, mantenuta dallo scorso anno. Mi sembrò una pessima idea, invece - a posteriori, col conforto dell'abitudine - va riconosciuto a Davide Parenti e soci di aver fatto una scelta di classe. Che a colpo rende unico il programma. A letto i fotofobici.