Col tempo Massimo Ghini s'è convinto di essere figo. Pazienza, capita anche nelle migliori famiglie di perdere di vista la realtà. È come accendere un mutuo senza avere la possibilità di pagarlo. Lo si è visto anche ieri notte al debutto di «Delitti rock», dove il nostro s'è impegnato con una certa dovizia per teatralizzare un programma che non andava troppo sceneggiato. Ricco com'era di buoni contributi giornalistici e bisognoso di rigore, più che di recitazione sopra le righe. E dire che si partiva con un vecchio classico: l'assassinio di John Lennon. Mica ciufoli. Muovendosi in scena come in un Macbeth de noantri, Ghini ha fatto abbondante sfoggio di improprio romanesco (d'altra parte, «recitava» con quell'inflessione anche quando interpretava la fiction su Enrico Mattei...), di errori non tagliati in fase di post-produzione («I coniugi Lemmon»), di un po' di esagitata prosopopea. Non si capisce se il tentativo degli autori fosse quello di raggiungere e superare a destra le atmosfere alla Lucarelli, maestro del genere, oppure se a Massimo sia stata data totale mano libera sull'interpretazione. E in questo caso, si spiegano molte cose. Pare che il programma orginariamente dovesse essere condotto da Giorgio Faletti.
Ecco, forse era il caso di insistere per convincerlo.
Ecco, forse era il caso di insistere per convincerlo.