Vent'anni fa, ai tempi sfrontati di Antenna 3 Lombardia (nacque lì, a Legnano, alle porte di Milano, il boom delle reti commerciali), fra pretori che oscuravano le Antenne e Antenne che oscuravano i pretori, correva voce che per i suoi vezzi da acconciatura semicotonata arrivasse addirittura dall'estero un intrecciatore personale. Pura leggenda, forse. Resta il fatto che Riccardo Miniggio (assieme al suo scarsocrinito collega Gianfabio Bosco) dettava legge: era uno di quei personaggi per i quali il nascente telemercato non poneva limiti agli zeri sul contratto. Ma come, ci si domanderà: chi lo conosce, Riccardo Miniggio? Allora chiamiamolo Ric, che si fa prima, e se ci si aggiunge anche la & societaria che lo univa a Gian, diventa il 50 per cento di una tra le più fortunate coppie comiche della storia della Tv. Umorismo di grana grossa, battutacce e sottintesi, ammiccamenti d'avanspettacolo; con la parola mulo che nel loro linguaggio aveva soltanto una rima. Ma l'Italia pre-Striscia la notizia rideva a bocca aperta. Casualmente proprio il contro-Tg di Antonio Ricci, pochi anni orsono, ha recuperato Ric in versione mezzobusto. «Sembrava un ritorno in grande stile - commenta con una punta d'amarezza il sessantaduenne attore di origine piemontese - invece poi tutto si è afflosciato. Pochi mesi fa sembrava che Gian ed io dovessimo partecipare ad una puntata del Fantastico di Montesano, riformando la coppia, invece non se ne fece nulla perché mancò l'accordo sul cachet. Ora ho avuto un ruolo - quello di una sorta di Angelo Rizzoli - in Anni cinquanta, il film per la Tv che Ezio Greggio ha girato per Mediaset. Intanto penso al teatro: alla pochade francese Boing boing, che dovrei portare in giro la prossima stagione». Tre figli avuti da precedenti matrimoni e legami sentimentali, Ric vive oggi - guarda caso - a Legnano, dove «i muri della mia casa confinano con quelli di Antenna 3», a dimostrazione del fatto che prima o poi si torna sempre sul luogo del delitto. «Però - osserva - fra quizzetti, ospiti e giochi, l'andazzo televisivo attuale taglia decisamente fuori il professionismo: ci sono vecchi calciatori in vetrina, showgirl con le tette in vista, e se non hai la fortuna di girare qualche sit com (ma anche per quelle devi essere raccomandato), non c'è più spazio per niente, figurarsi per i classici sketch. Io poi non ho mai coltivato l'arte sublime delle Pr in corridoio». Dopo un debutto con Macario nel '59 («Mi diceva: prima dei 50 anni non si è maturi per questo mestiere»), Miniggio è passato attraverso Gilberto Govi, 17 anni di Rai, l'epopea delle private, il passaggio a Fininvest (con successivo congelamento di contratto ed inattività); insomma una vita sulle barricate. «Con Gian, per dirla tutta - confessa - ormai ci sentiamo poco e ci riuniamo solo se c'è una buona offerta. Quanto ad alcuni giovani colleghi, non sono né carne né pesce. Carlo Dapporto, un mio maestro e diabolico senatore della risata, li chiamava Grandi Malintesi».
(IL GIORNALE - AGOSTO 1998)
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