giovedì 19 agosto 2010

DARIA BIGNARDI * «HO FATTO ANCHE LA CAMERIERA E LA COMMESSA»

Se hai la missione di intervistare barbaricamente Daria Bignardi, proprio come fa lei a «Le invasioni barbariche» (a proposito: il talk torna dall’8 febbraio alle 21,30 su La7), ti devi procurare per prima cosa una birra media. La stessa che la nostra serve, con studiata naturalezza, alla «vittima» di turno. Poi sederti, taccuino alla mano, e affrontare il suo sorriso al vetriolo.

Daria, lei è molto intelligente, ormai si è capito. E’ proprio il caso di insistere?
(Scoppia a ridere) «Non sono intelligente, è che mi dipingono così, come disse Jessica Rabbit».
La famosa birra che dà ai suoi ospiti serve: 1) A metterli a proprio agio. 2) A fare pubblicità occulta. 3) A far passare il messaggio che lei è un’intellettuale alla mano.
«La birra nacque per caso: la chiese un intervistato, poi un altro. Ora è un gesto rituale».
Che non serve a smorzare l’immagine della Bignardi snob, quindi...
«Non è una cosa pensata. In camerino a fine trasmissione la bevo davvero. Sono una da birra, non da champagne».
Quando lei lo lanciò, il «Grande Fratello» era qualcosa di rivoluzionario. Ora è diventato?
«Un programma normale. Vedibile, come tutto o meglio quasi tutto in tv, ma non fosse per curiosità professionale, non lo guarderei».
E’ vero che all’epoca, lavorando per Canale 5, rete familiare, voleva dare l’immagine della fatina buona?
«Non ho mai pensato all’immagine che davo, anche perché ognuno è quello che è, quindi più di tanto... Semmai ho sempre più alluso a una certa protervia».
Pizza e karaoke con Berlusconi o film coreano sottotitolato con Veltroni?
«Ahimé, film coreano con Veltroni...».
Antonio Ricci la vuole come inviata a «Striscia», con Staffelli e Ghione. Accetta?
«Non ne sarei capace. Gli telefonerei dicendo: Antonio, guarda, non è proprio il caso».
Si dice che «Le invasioni barbariche» le subiscano soprattutto i suoi poveri redattori…
«È vero. Niente sfuriate, ma sono esigente: cambiamo idea mille volte, discutiamo 200 volte, non è un programma riposante».
Si sente un direttore di giornale?
«Di fatto lo sono, non c’è una grande differenza. Quella la fa il mezzo. Ho diretto Donna: andavo in redazione con scarpe basse e maglionaccio. Lo faccio anche qui, solo che il venerdì sera c’è il travestimento per lo studio: tacco a spillo, e si va in scena».
Chi le ha rifiutato un’intervista barbarica?
«Celentano, Fiorello, Veronica Berlusconi, Tremonti, Berlusconi stesso, D’Alema... Tanti, ma in genere non bruscamente: prendono tempo, rimandano».
Lo ammetta: è segretamente innamorata di Raz Degan. Ogni tre puntate lo intervista, da solo o con Paola Barale…
«Nego. L’ho invitato in alcune occasioni funzionali al programma. Lui e lei sono forse la cosa più lontana che esista dal mio mondo, ma sono spettacolari, non banali, non si sposano, non fanno figli, viaggiano, niente programmi di lavoro a lungo termine. L’antitesi della coppia borghese».
Perché quando qualcuno viene attaccato in tv da un altro programma, poi viene a farsi intervistare da lei? È affidabile, o concorda le domande?
«Ma quando? È successo solo con Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia. Erano due anni che le stavo addosso e ne ha profittato per dire: “Va beh, vengo”. Concordare le domande, poi... L’80% delle persone che intervisto non le ho mai viste né sentite prima».
Com’è che le cose più micidiali le chiede sempre con il migliore dei suoi disarmanti sorrisi?
«Perché non c’è mai niente di così tremendo se si usano gentilezza e ironia. Cose morbose, comunque, mai».
Luoghi comuni. Bignardi sa fare benissimo tv, e i giornali un po’ meno. Come la vede?
«La mia esperienza da direttore è stata disgraziata: mi hanno chiamata a fare un giornale che stava chiudendo da 10 anni, non c’era un budget, io non sapevo da che parte cominciare, non ero sgamata e soprattutto non sapevo che cosa fosse la moda e i meccanismi della pubblicità. Come contenuti penso di avere fatto un bellissimo giornale: per fare la presuntuosa potrei citare quattro testate che oggi hanno cose prese di sana pianta da Donna».
Sulla classica torre ci sono il suo geniale creatore, Giorgio Gori, e Antonio Campo Dall’Orto, il suo illuminato direttore a La7. Deve buttarne uno dandogli – sempre sorridendo - un paracadute che non si aprirà. Chi sceglie?
«Che cattiveria... Mi pesa molto, sono affezionatissima a entrambi, ma sarò gerarchica e aziendalista: butto Giorgio».
Mentre decide chi lanciare arrivano Staffelli e Ghione e fanno saltare la torre. Lei sopravvive ma è televisivamente sola. C’è un posto a Tele Voghera International. Accetta?
«Diciamo che ne approfitto per dedicarmi all’arte e all’amore».
Ha mai avuto difficoltà ad arrivare a fine del mese?
«Sì, più o meno fino a nove anni fa, sino al “Grande Fratello”. E poi a 19 anni, dopo la maturità classica, ho lavorato in un albergo facendo di tutto: servivo ai tavoli, lavoravo alla boutique, al bar, in segreteria. A Londra ho fatto la commessa...».
Briatore accetta un’intervista esclusiva, ma solo se lei in cambio fa la ragazza immagine per un mese al Billionaire.
«Non ho il fisico, non penso che ce la farei. E poi, in discoteca no».
Che cos’ha Maria De Filippi che lei non ha?
«Molto. Per esempio è ancora più appassionata di me al suo lavoro. Io stacco anche per lunghi periodi, da maggio a settembre. Lei mi pare veramente innamorata del mezzo. Io ho fughe anche in altri mondi. Me la vedrei direttore di un network. Mi sembra una che ne capisce di tv. Io la faccio, ma non potrei dirigere una rete».
Le affidano «Uomini e donne» e il tronista è Umberto Eco. Da chi lo fa corteggiare?
«Gli piacerebbe credo Emmanuelle De Benedetti, elegante, intellettuale, ma anche Barbara Spinelli. E perché no, Raffaella Carrà. Una signora autorevole, capace».
Quando è stata l’ultima volta che ha fatto il trenino a una festa ballando Disco samba?
«Mai fatto, ma spero che mi capiti prima o poi».
Luoghi comuni. È stata dura sopportare l’arrivo di Ilaria D’Amico a La7 per fare un programma giornalistico trendy.
«Questa scemenza se l’è inventata qualche maschilista: è la cosa più falsa del mondo, io e Ilaria ci ridiamo sopra. Mi è anche simpatica».
Soluzione salomonica: lei è quella bella e la D’Amico è quella brava. Le va bene?
«Magari! Sì, sì mi piacerebbe molto».
E’ vero che con Chiambretti vi sopportate a fatica?
«Una volta ho fatto una sciocchezza con Piero, che giustamente se l’è segnata. Per lavoro e famiglia, mi ero allontanata dalle logiche della tv, e lui mi aveva invitata a “Markette”. Accettai, ma il giorno prima gli diedi una sòla. Non ricordo, ma avevo veramente un casino. Se lo fanno a me, ora mi arrabbio molto, è una cosa che crea grossi problemi. Ha ragione, non ci sono giustificazioni: gli impegni vanno mantenuti».
Chi ha tirato il pacco a lei, invece?
«Cecchi Gori, che la mattina ha detto che non sarebbe venuto. Ma un po’ da lui te l’aspetti...».
Ci sono Giuliano Ferrara e Maria Giovanna Maglie che stanno lottando nel fango. Si butta nella mischia e cerca di separarli, o si siedi a godersi lo spettacolo?
«La seconda che ha detto, non potrei mai separarli».
Quanto ha giovato alla sua immagine pubblica l’essere entrata nella famiglia Sofri?
«Casomai il contrario. Sa che i Sofri non sono molto amati... Non siamo così sotto i riflettori, e poi sono sette anni che io e Luca stiamo insieme e io lavoro già da molto tempo prima».
Ha mai rigato l’auto di un vicino di casa indisponente?
«Iooo? Beh, ma no: atti di vandalismo, proprio no».
Pistola alla tempia: trova finalmente un editore disposto a pubblicare...
«Beh, diciamo che c’è la fila fuori...».
Ok, ma mi faccia finire: le pubblica il romanzo della sua vita. E’ bellissimo, sarà un cult...
«Chiaro, è mio, non potrebbe essere diversamente...».
Ok, ma l’editore è pazzo e pretende che il libro sia anonimo. Nessuno saprà mai che è suo. Lo pubblica comunque?
«Se sapessi scriverlo, sì».
Per amore della cultura?
«No, del prodotto: mi piacciono le cose ben fatte. Ma non so scriverlo, quindi...».
Un marmista fan della D’Amico incide il suo epitaffio non autorizzato: «Qui giace Daria Bignardi: una media alla spina». Come la prende?
«Ok, mi piace essere associata alla birra. E poi almeno da morti è giusto essere se stessi...».
Mi delude: pensavo resuscitasse, eliminasse il marmista e cambiasse la parola «media» in «grande».
«No, sbaglia. Piccola, semmai. Non vede la corporatura? Sono così minuta...».

(TV SORRISI E CANZONI - GENNAIO 2008)

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