giovedì 1 luglio 2010

GABRIEL GARKO * «SONO LE DONNE A RIMORCHIARE ME»

Jeans slavati, t-shirt e giacca di lino bianca, Gabriel Garko, il superbello che fa figo e non impegna, ti scruta con i suoi occhi di ghiaccio dal divano di un hotel di lusso dell’isola della Giudecca, a Venezia. Qualche passo più in là, i clamori della Mostra del cinema.


Caro Dario Oliviero, come si diventa Gabriel Garko?
«Facile: Gabriel è il mio secondo nome, e Garkos il cognome greco di mia madre. Poi, in 14 anni, si fanno molti sacrifici e non bisogna lasciarsi trasformare dal successo».
Se smettesse di fare l’attore?
«Mai posto il problema. Mai fatto né voluto fare altro. Probilmente sarei nella cacca».
 «Il sangue e la rosa» raccontato in tre parole.
«Un triangolo d’amore, passione e amicizia ambientato nel 1835. Sono un popolano. C’era grande affiatamento sul set. È un buon segno».
Qualcuno ha scritto: è il nuovo «Elisa di Rivombrosa».
«Veramente, non mi è parso. Né leggendo il copione, né girandolo, né vedendolo montato. Più un film di cappa e spada; più “Angelica”, che altro».
La doppiano, a volte?
«Mai. Piuttosto non accetto il ruolo. L’ho fatto solo una volta, al debutto. Ora non permetto
 doppiaggi e pongo la mia voce come condizione. D’altra parte ho studiato tanto, nel frattempo, e credo di essere cresciuto. E un attore è (anche) voce».
Fa fiction quando non le offrono ruoli al cinema?
«Tra un brutto film e una buona fiction, scelgo la seconda. A parità di qualità, cinema. Oggi le fiction sono molto curate, ma spero che il nostro cinema torni agli Anni 60 e 70».
Nel 2001 girò «Occhi verde veleno». Quante vittime ha fatto, quel veleno?
«Un bel po’. Le prede più deboli hanno dovuto soccombere. Sono sopravvissute quelle che avevano l’antidoto».
Sara, la sua ultima fidanzata, forse non l’aveva: vi siete lasciati.
«Piano. Qualche giornale ha scritto questa sciocchezza, ma non è così. Siamo in un momento di riflessione, ci stiamo pensando. La storia non è chiusa».
Quanti dei suoi amori da copertina in realtà erano amori per la copertina?
«Nessuno, mai! Anzi, è il contrario. Io queste cose le subisco, il privato lo custodisco: è che in passato ho avuto relazioni con persone che la pensavano diversamente. Finire sui giornali può creare molti problemi, in privato».
Teme i fotografi?
«Macché. Mi fanno più paura i cellulari, ormai. Mi terrorizzano».
Sarebbe a dire?
«La gente che ti fotografa per strada, al ristorante, a tradimento. E poi ti sbatte su Youtube, che arriva in tutto il mondo via internet. Non ti puoi difendere, è una vera violenza!».
Vedo che si scalda parecchio...
«Quando sono in giro e mi fanno questi blitz nascosti divento scontroso, lo ammetto. Capisco che per qualcuno possa essere l’unica occasione nella vita per incontrarmi, ma basta chiedermelo per favore».
Come si fa uno sguardo sexy da servizio fotografico? È vero che bisogna inclinare un po’ la testa?
«Qualche trucchetto del mestiere c’è, come al cinema, ma dicendoli si rischia di andare sul grottesco. Se madre natura mi ha fatto forse un po’ meglio di altri, le assicuro che tutti sono in grado di fare lo sguardo sexy per una foto».
Sarà. Lei è il più bello fra i giovani attori italiani?
«La bellezza è molto soggettivo. Diciamo che preferisco scontrarmi sul terreno della bravura».
Mettiamola così: da uno scontro con Riccardo Scamarcio, come ne esce?
«Come faccio a saperlo? Dovremmo sfidarci sul set. Non è ancora successo».
E lei come attore, com’è?
«Discreto».
Ha dichiarato: «Ero stufo di svegliarmi la mattina con accanto una donna di cui non ricordavo neanche il nome». Poi ha fatto qualcosa per la memoria?
(Ride) «Sì, me lo segno sul comodino la sera prima».
Una volta si diceva: «Mi voleva Strehler». L’ha mai cercata Rocco Siffredi?
«Mai ricevuto una proposta per un film hard, mondo che non conosco. Ho incontrato Siffredi una volta in palestra, a Roma. In compenso mi ha voluto Ronconi, basta?».
Con i calendari?
«Ho chiuso: ne ho fatti due, tra i quali il più venduto».
Ha girato «Le fate ignoranti», ma quante ne ha conosciute?
«Se parla di persone in grado di cambiarti tanto dentro, mai. Se si riferisce a donne belle e stupide, un’infinità».
Nello spettacolo?
«Non necessariamente. La donna di spettacolo oca è un luogo comune».
Ritornerebbe a essere Dario Oliviero?
«Non ho mai smesso di essere Dario Oliviero».
Forse con l’altro nome rimorchierebbe un po’ meno...
«Verrei rimorchiato un po’ meno, è diverso».

(TV SORRISI E CANZONI - AGOSTO 2008)

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