Metà intervista la facciamo seduti a un metro e mezzo dal set. Mentre l’assistente di scena, giustamente inviperito, ci intima ogni cinque minuti: «Silenzio!». Tu guardi l’intervistato implorandolo di spostarsi e lui ordina: «Non importa, continuiamo!». Alla fine abbozzi. Perché da che mondo è mondo, una penna e un taccuino non hanno mai avuto la stessa efficacia persuasiva di due ceffoni di Bud Spencer.
Scusi maestro, preferisce che la chiami Bud, o Carlo (Pedersoli, Ndr)?
«Bud solo quando recito, e Carlo quando vivo. Ma è indifferente».
Ok. Visto che è fermo da un po’...
«Ma quale fermo? Ho finito di girare tre mesi fa un film a Berlino: “Uccidere è il mio mestiere”, dove sono il tutor di un serial-killer».
Però: un Bud Spencer cattivo.
«Eh, può immaginare quanto: ero cieco. Ci sarà da ridere, piuttosto».
Sta facendo altro, oltre a questa nuova fiction per Mediaset, «I delitti del cuoco»?
«In Spagna stanno andando in onda i miei spot per una grossa banca. Anche lì mi adorano, come in Germania».
Lavora più all’estero che in Italia, mi par di capire.
«Ho fatto 104 film, 90 dei quali all’estero; 16 con Terence Hill; 30 negli Stati Uniti. Ho girato in tutto il mondo. Ora però prenda questo e se lo ascolti quand’è molto inc...».
È un cd singolo, «Futtetenne», scritto e cantato da lei.
«Bravo. La musica è la mia passione nascosta. L’ho autoprodotto. Ci sono 12 brani pronti e inciderò l’intero album l’anno prossimo. Con o senza un’etichetta che lo distribuisca».
Quindi lei, oltre a menare le mani, ha un animo sensibile.
«Sono iscritto alla Siae come compositore non trascrittore. Sa che cosa vuol dire?».
Purtroppo no.
«Che arrivi in una stanza, ci sono dieci esaminatori. Uno suona tre note sul pianoforte e tu continui. Se la cosa ha un senso, è fatta».
Lei è eclettico.
«Ho fatto tutto, tranne il ballerino d’opera e il fantino. Per ovvie ragioni. Ma potrei continuare l’elenco».
Continui.
«Ho avuto due linee aree, un marchio d’abbigliamento che ora non c’è più, Baltro, ho fatto rugby, pugilato, judo, e ovviamente nuoto».
Una vita sportiva ma tranquilla.
«Mica tanto: fra i 27 e i 30 anni, finito l’agonismo, non sapevo più chi fossi, i miei si traferirono in Brasile e io feci da solo tre mesi nella giungla amazzonica a cercare me stesso».
Si è poi ritrovato?
«Credo di aver trovato la mia strada nel cinema. Ma io mica sono un attore, non sono preparato per farlo».
Prego?
«Massì, in fondo sono solo un personaggio. Terence Hill è un attore».
Perché è finita tra voi?
«Non è mai finita: a volte cena da me e io da lui. Sono felice dei suoi successi con “Don Matteo”. Ha 11 anni meno di me. Tanti. All’epoca volle provare a fare anche altro. È giusto così».
Il vostro segreto?
«Ha presente Chaplin, Keaton, Laurel e Hardy? Niente battute. Noi, con quei finti sganassoni, abbiamo saputo reinventare la comicità gestuale».
Il suo segreto?
«Rubo una frase a Dino De Laurentiis: 'Nella vita servono tre C: cervello, cuore e coglioni'. Ne aggiungerei una quarta: serve anche culo».
È un’ottimista?
«Direi di sì, ma guardingo. Sui cancelli c’è scritto “Cave canem”, attenti al cane. Sul mio, “Cave Caesar”, attenti all’uomo, in questo caso. Mi fido molto più degli animali».
Il suo prossimo progetto?
«A parte la musica, ho tre brevetti nel cassetto. Uno di questi, è quello di uno spazzolino usa e getta, che contiene una sola dose di dentifricio. Staremo a vedere».
(TV SORRISI E CANZONI - GIUGNO 2009)
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