Molti mi chiedono informazioni sui banner Google che compaiono in questo blog. Che cosa sono? Come vengono generati? Perché a volte strane campagne promozionali (casinò on-line, mangimi per uccelli, giubbotti antiproiettile) si associano ad articoli totalmente fuori contesto? Trattandosi di uno dei misteri della fede, non posso che rispondere: boh...
L'unica cosa certa è che non sono io a sceglierli. Teoricamente i suddetti banner dovrebbero - con un sofisticato sistema algoritmico - identificare le parole di titolo e testo e trovare inserzioni pubblicitarie strettamente legate ai medesimi. In realtà, non sempre è così. Tu parli di Brad Pitt, e compare il link da cliccare del sito «Finalmente basta alitosi». Discetti di Maria De Filippi e «Italia's Got Talent» e fa capolino «Finalmente basta alitosi». Straparli di Tiziano Ferro, Laura Pausini o Davide Mengacci e si impone prepotentemente «Finalmente basta alitosi». E un po' qui puoi anche capirlo.
Resta il fatto che l'alitosi sta diventando - mio malgrado - un serio problema (se ne soffro qualcuno mi faccia la cortesia di dirmelo), e ho cliccato per imparare a risolverlo. Il nuovo mantra del millennio, urliamolo tutti insieme, è «Finalmente basta alitosi!». E poi un lungo (mortale?) respiro.
Attenzione: i banner Google sono talmente infidi che forse attorno a questo articolo dedicato al «Finalmente basta alitosi», probabilmente non troverete neanche un link dedicato a questa nuova, inquietante piaga sociale.
Così imparate a fiatare.