In principio, crolli, terrore, morte. E lancette d’orologio che, fermandosi, dicono tutto: 3.32, 1.15, 19.47. Poi, paura che ti striscia addosso in ogni istante a telecamere spianate e, per molti, la necessità di gestire una lunga emergenza, operando a cuore aperto in un dolore infinito. Senza perdere mai la lucidità.
COME LAVORA IL QUARTIER GENERALE
L’enorme caserma de L’Aquila dove ha sede il centro operativo provvisorio della Protezione civile, è un centro di addestramento allievi della Guardia di Finanza. Costruita con criteri antisismici (ma una scossa 5.3 della scala Richter fa cedere davanti ai nostri occhi listelle del controsoffitto e calcinacci) agli inizi degli Anni 90 in località Coppito, alla periferia della città, ospita il quartier generale abruzzese di Guido Bertolaso, l’ex medico specializzato in malattie tropicali che dal 2001 affronta i grandi drammi italiani. Entrare qui, controllati a vista da anziani finanzieri e da cortesi ma risolute allieve maresciallo (170 ragazze attorno ai 25-30 anni, su una forza totale di 700 militari), significa prendere dimestichezza con gli umori del capo. Sposato con Gloria Piermarini, due figlie (Olivia e Chiara) Bertolaso è un tipo all’apparenza molto british che nei momenti cruciali dorme anche un’ora a notte («Riposerò fra qualche settimana» sussurra), che vive e riceve in una stanza piazzata proprio sopra l’improvvisata sala stampa. Eppure, sfugge ai cronisti con rara abilità, dicendo sì a (quasi) tutti ma svignandosela subito con una scusa. Che in momenti così, certo, non è difficile trovare. Aiutato in questo da un segretario personale coadiuvato da altri due assistenti. Un secondo prima te lo ritrovi lì, quello dopo là. Schizza velocissimo e accigliato, sfuggente come un furetto. «È un uomo di polso che sa essere anche empatico» dicono i suoi. «Ma di certo preferisce l’azione, la praticità, alle parole, alla diplomazia». Pare sia rimasto molto amareggiato, per usare un eufemismo, dalle polemiche post-sisma, sulla prevedibilità del terremoto. Che liquida citando le parole dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sottolineando «L’impossibilità di prevedere un singolo evento sismico in termini temporali, geografici e dimensionali».
Il cuore del lavoro si svolge nella poco accessibile sala del Di.Coma.C. (Direzione Comando e Contrllo), situata in fondo al grande spiazzo della caserma. Ospita 10 tavoli con i membri dello staff ristretto del capo. A ognuno corrisponde un’organizzazione: dalle Forze armate alla Croce Rossa, dai Vigili del Fuoco all’Istituto Nazionale di Geofisica, passando per l’Asl locale e le associazioni di volontariato. Ogni tavolo impartisce istruzioni ai Centri Operativi Comunali e da loro riceve richieste e input, in un flusso bi-direzionale frenetico e senza soluzione di continuità. Bertolaso accorre lì dentro solo in caso di un’emergenza nell’emergenza. Nel piazzale, si muovono funzionari della Protezione civile (da Roma sono arrivati in 150 su 700 in organico) e periti che stanno già iniziando a gestire la delicata pratica delle verifiche di agibilità di tutti gli stabili sopravvissuti ai crolli. Pochi si salvano: a L’Aquila la sede del comune, per ora, è l’auto del sindaco.
LA FRENESIA DEI MEDIA
Immane la carovana mediatica scatenatasi con il sisma. Oltre a tutte le testate tv (e alle maggiori radiofoniche) italiane, sono accreditati quotidiani e settimanali. Dall’estero, oltre a Bbc e Cnn (che contende a Sky Tg 24 il triste primato di aver dato per prima la notizia) si segnala la presenza delle francesi Canal + e Radio France, delle televisioni spagnole, coreane, tedesche, slovene. Persino un giornalista finlandese ha stazionato per due giorni in sala stampa. Non fanno certo la vita dei 19 mila accampati in tenda (su 29 mila sfollati), ma qualche reporter si attrezza con tanto di sacco a pelo per dormire in auto. Altri sono alloggiati in hotel a Pescara e ad Avezzano. Ovvero i comuni appena fuori dalla cerchia considerata «a rischio». Nel centro della Marsica (raso al suolo dal terremoto del 1915), a 50 chilometri d’auto dall’epicentro, però, le scosse si sentono. Eccome.
A UN PASSO DALL'INCUBO
Così, anche i residenti vivono in un perenne stato d’ansia. Che se rimane sorvegliata durante il giorno, quando si sta all’interno di qualunque edificio, aumenta esponenzialmente di notte, poco prima di coricarsi. Soprattutto se si vive ai piani alti. L’incubo, inevitabile, è quello di spogliarsi, mettersi a letto e addormentarsi risvegliandosi in pieno sussulto. Correre nudi in strada in un istante è un’ipotesi forse percorribile se si sta al primo piano. Ma il quarto o il quinto sembrano non lasciare spazio neppure a un velo di speranza: le scale potrebbero crollare, l’ascensore sarebbe di certo bloccato. E in quel caso a poco varrebbero le generiche precauzioni: «mettersi sotto un tavolo, una porta, vicino ai muri portanti». Il risultato? Tanti dormono in auto, con la temperatura che di notte si aggira sui 3-4 gradi. Ringraziando la primavera. «Perché se nella vita vuoi provare l’inferno, in Calabria d’estate, e a L’Aquila d’inverno» dice un signore al quale la tragedia non ha stroncato il sorriso.
(TV SORRISI E CANZONI - APRILE 2009)
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