Sorpresa. Arisa come Povia? Nel nuovo album dell’interprete di «Sincerità», intitolato «Malamorenò» (come il singolo di Sanremo 2010) c’è anche un pezzo, «Scivola veloce», che parla di una persona in bilico tra la vita e la morte. Qualcosa di troppo impegnato per la simpatica ragazza di Pignola (Potenza), che canta canzoncine orecchiabili e veste come una bambola d’altri tempi?
«Non credo esistano canzoni adatte o non adatte a me» ribatte. «Ciò che conta è l’ispirazione, il messaggio. Questa parla del valore della vita, del fatto che diamo tutto per scontato, come alzarci la mattina, respirare. E c’è invece chi lotta per esistere».
L’ha scritta il suo compagno, Giuseppe Anastasi?
«L’abbiamo scritta insieme, lavoriamo al 50%. Ma EluanaEnglaro non c’entra. Amo far riflettere chi compra o scarica i miei dischi. Senza politica, sennò sei di nicchia».
Arisa che fa riflettere?
«Perché no? Mi considero una specie di chierichetto. Le mie canzoni sono positive, pacche sulle spalle: mi piace vedere sorridere la gente. Anche nei concerti. Se non succede, mi lamento».
Che cosa vuol dire, si lamenta?
«Chiedo conto al singolo spettatore, faccio mossette, racconto barzellette. Sto per partire per il nuovo tour e voglio che la gente si diverta. Sarò anche alla crociera di Sorrisi, ma senza le sorelle Marinetti. Solo con il mio fidanzato, sarà una mini-vacanza. Senta, le devo fare un rimprovero».
Mi dica.
«Lei l’altra volta mi ha troncato le parole sulle vocali».
Non capisco…
«Ha scritto un articolo bellissimo su di me, ma in quest’articolo io dicevo: “annà”, “partì”, come si fa in dialetto…».
Ma è vero, a volte lei parla così…
«Sì, ho capito, ma poi c’è una parte d’Italia con la puzza sotto il naso che pensa che io sia ignorante. Invece no. Invece se voglio guardi che parlo come se fossi andata a scuola di dizione…»
Ok. Pensa che «Malamorenò» abbia la stessa forza di «Sincerità»?
«Forse di più. È Arisa un anno dopo, un pezzo lavorato. Non canto la vita spericolata: quella non l’ho e non l’ho mai voluta. C’è chi dice che io sia costruita. In me non c’è niente di costruito, tranne forse un po’ il look. Ma in qualche modo mi devo pur vestire».
Lei veste vintage.
«Sì, che poi vuol dire capi usati. Però sterilizzati, puliti. Che compro e pago io. Fosse per me, tutti gli stilisti potrebbero chiudere».
Il suo podio sanremese ideale. Lei compresa, se crede.
«La vittoria a Cristicchi, grande. Io mi sarei messa al secondo posto, ci stava. E al terzo Noemi o Malika Ayane».
Noemi o Malika?
«Noemi».
Malika è stata osannata dai critici, ha una voce stupenda. La canzone secondo lei era valida?
«Credo sia la migliore del suo album. Il problema è che in Italia siamo troppo esterofili. Ci sono cantanti e prodotti italiani molto belli, ma si trascurano. Parlare benissimo di Malika in questo momento fa figo, è di moda. È diplomata in violoncello, fa i duetti con Paolo Conte…».
E lei no.
«Oh, intendiamoci: la stimo molto, è bravissima. Potrei tirarmela un po’ anch’io dicendo che “Malamorenò” recupera il dixieland, che non si faceva jazz a Sanremo da Armstrong, 1968. Ma non me ne importa niente. La mia missione sono le pacche sulle spalle. Non bado agli acuti, miro ai contenuti».
Che cosa si è regalata dopo il successo?
«Abbiamo preso una casa in affitto a Roma. E mi sono comprata una 600 di seconda mano. Nella musica non si guadagna più come una volta. E poi questo lavoro bisogna fare un po’ le formichine, non si sa mai».
A Sanremo ha cantato una volta senza i suoi famosi occhiali. Ci sta abituando all’idea che li toglierà?
«Prima devo fare l’operazione, e non mi decido. Ma la verità è che non ho ancora trovato una mia identità oculistica».
Non succederà, ma se il sogno finisse?
«Mi deprimerei un casino: la musica è tutto ciò che ho. Sono nata per stare su un palco. Senta, non mi faccia litigare con Malika. Sennò vado all’estero, mi estrado da sola».
(TV SORRISI E CANZONI - MARZO 2010)
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