VALERIO SCANU (“Per tutte le volte che“) = L'amico di Maria ha il testo che merita: adolescenziale, parole in libertà. Sembra scritto dal figlio di Federico Moccia: e scusa se ti chiamo canzone. Purtroppo non si stacca dall'ordinario. Voto: 5/6.
TOTO CUTUGNO (“Aeroplani”) = Brano pulito, classicamente sanremese, il romantico brodo primordiale nel quale Toto sguazza da anni. Voto 6.
ARISA (“Malamorenò”) = In tutta “Sincerità”, era meglio prima. Rosalba Pippa punta ancora sull'orecchiabilità, con qualche accenno inusuale per svecchiare. Ma non bastano le nuove sorelle Bandiera (ora Marinetti) a far primavera. Voto: 6/7.
NINO D'ANGELO (“Jammo Jà”) = Prendete un napoletano e dategli una canzone (più che onesta, come questa), e vi solleverà il mondo. Un bel ritorno per Nino, che canta con una monumentale madonna nera. Tale Maria Nazionale. Esportazione morbida? Voto: 7.
MARCO MENGONI (“Credimi ancora“) = Un po' Piero Pelù, un po' Farinelli, arriva con un buon pezzo, che sfrutta l'indubbia duttilità vocale del vincitore di “X-Factor”. Voto: 7.5
MALIKA AYANE (“Ricomincio da qui”) = Ma era meglio ricominciare da un altro brano, possibilmente meno piatto. L'adenoidale della canzone italiana stavolta (non) ha colpito ancora. Aridatece la Vanoni. Voto: 5/6.
PUPO-EMANUELE FILIBERTO-LUCA CANONICI (“Italia amore mio”) = Ma com'è che Pupo ogni anno riesce a estrarre magicamente dal cilindro un'agghiacciante cazzata da proporre al Festival? Questa, peraltro, riesce a essere peggio del solito, in una virtuosa associazione a delinquere col principino Savoia (che farebbe meglio a cantare solo sotto la doccia) e un tenore sinora non pervenuto. Retorica e luoghi comuni come se piovesse. Mino Reitano, proteggili da lassù. Voto: Non Classificabile.
ENRICO RUGGERI (“La notte delle fate”) = Le donne da sempre sono il chiodo fisso del vecchio rouge, all'Ariston con un pezzo discreto. Ogni tanto ci riprova, ma di certo non è più quello degli anni d'oro. Voto: 6/7.
SONOHRA (“Baby”) = Un po' di voce c'è, la canzoncina rockeggiante pure. Che cosa si può chiedere di più agli emo-derivati? Voto: 6.5.
POVIA (“La verità”) = E' decisamente meno peggio del previsto l'omaggio (chiamiamolo così per essere buoni) di Giuseppe, il cronista della canzonetta, alla povera Eluana Englaro. Il testo riesce miracolosamente a evitare tanta retorica, e il sound è potente. Insopportabili invece le furbe mossette da mimo de noantri. Voto: 7.5.
IRENE FORNACIARI E I NOMADI (“Il mondo piange”) = Bella voce ma il pezzo non sa di niente, neppure di Zucchero. “Vorrei capire perché il mondo piange”, canta ossessivamente Irene. Semplice: perché ha ascoltato la canzone. Voto: 5.
FABRIZIO MORO (“Non è una canzone”) = Anche lui gioca, come sempre, la carta dell'impegno. Stavolta esorcizza l'incomunicabilità e il chiudersi nel guscio del nostro vivere dissociato, in un rap modificato geneticamente. Ci può stare. Voto: 6/7.