Ero in vacanza e mi hanno diagnosticato un tumore di quelli che non danno scampo. Non vi dico il sollievo quando ho scoperto che i medici - bontà loro - si erano sbagliati. Riuscite a immaginare quale scossone abbia preso la mia vita passando nel giro di 15 giorni dallo stato di pre-morente a graziato dalla sorte?
Mi chiamo Giacomo Beltramini, 60 anni, milanese, divorziato, una figlia, ex professore di storia e filosofia. Subito dopo la pensione, parto per tre settimane di vacanza in America con la mia nuova fidanzata. Sulla carta (anche quella topografica), una meraviglia: Chicago, New England, cascate del Niagara. A quattro giorni dall’arrivo, di notte, su un pullman, una preoccupante emorragia intestinale mi spaventa e fa scattare l’allarme. Ricoverato d’urgenza al St. Vincent Mercy Medical Center di Toledo (Ohio), i medici provvedono alla colonscopia di rito e mi fanno una diagnosi fulminante: «Probabile tumore intestinale al colon discendente con varie lesioni a danno del tessuto epatico». Quel probabile si trasforma in certezza durante il colloquio con i luminari americani, che mi danno non più di tre mesi di vita. Proponendomi - senza neppure fare una biopsia - un intervento urgente: il taglio di un pezzo dell’intestino. Costo: 200 mila dollari. Mentre mi crolla il mondo addosso, dico che preferisco rientrare di corsa in Italia e farmi operare là. Loro mi avvertono del rischio che corro: potrei morire in aereo, nel caso fossi colpito da un’altra emorragia. Pazienza, decido di sfidare la sorte. Tanto, ormai...
Sul lungo e affannoso volo per rientrare in Italia, che fa scalo a Parigi, mi tormento. Per una decina di giorni non ho fatto altro che pensare a quanto mi rimaneva da vivere, a ciò che mi restava ancora in sospeso. Al tempo buttato via, a ciò che avrei potuto fare altrimenti. Avrei voluto rivoltarla, la mia esistenza. A Milano, mi precipito all’I.E.O., l’Istituto Europeo di Oncologia, e dopo la colonscopia con biopsia i medici mi spiegano che avevo soltanto alcuni polipi benigni che andavano asportati. Un intervento molto comune dopo i 50 anni e per chi è geneticamente predisposto.
Uscito dall’incubo, oltre a rivalutare la sanità italiana, faccio la conta dei danni: una vacanza completamente rovinata, 5000 euro in fumo per spese mediche - e per fortuna la mia fidanzata aveva con sé la Carta oro del padre, altrimenti avrei dovuto farmeli mandare dall’Italia - e il costo del volo urgente di rientro, recuperato al 50% grazie alla Regione Lombardia. Mia figlia, che ha un amico avvocato negli Usa, ha verificato anche l’ipotesi di intentare una causa ai medici americani, scoprendo che avremmo avuto appena il 25% di probabilità di vittoria; ho preferito lasciar perdere.
Il team di sanitari americani voleva operare in tutta fretta solo per poter fare cassa? Non ho prove per dirlo, ma il sospetto è lecito. Fatto sta che me la sono cavata con mezz’ora di polipectomia ambulatoriale invece dell’asportazione di mezzo intestino e la prospettiva di avere la “cagarella” per tutta la vita. Spero che Obama faccia davvero qualcosa per la Sanità americana, perché là sono messi davvero male. Mentre aspettavo in emergenza ho fatto tre ore di attesa e alcuni homeless sono stati mandati via in quanto privi di assicurazione. Io, graziato dalla sorte, ho avuto la psiche scossa per sei mesi e per un anno almeno mi sono comportato meglio. Poi la vita riprende, la memoria è corta e tutto torna come prima. Ma oggi non mi stanco di consigliare a tutti la prevenzione e una colonscopia ogni tanto.
Giacomo Beltramini
(SORRISI SALUTE! - SETTEMBRE 2009)
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